Non capisco perché il sindaco di Milano non abbia fatto di tutto per portarla nella nostra città durante la settimana della moda. Ma si sa, certe cose meglio non capirle.
Fino al 15 giugno alla Fondazione Museo del Tessuto di Prato una grande mostra che racconta la creatività e il genio stilistico di Gianfranco Ferrè attraverso il capo icona della sua capacità progettuale: la camicia bianca.
Gianfranco Ferré, fin dagli esordi, si fece portavoce di un dialogo continuo tra architettura e moda, rendendo possibile una contaminazione tra due linguaggi difficili e complessi. “Direi che buona parte del mio iter creativo si spiega alla luce del mio background e della mia formazione come architetto. Per me la moda è poesia, intuito, fantasia, ma è anche metodo e atteggiamento progettuale che si fonda sulla concezione dell’abito come risultato di un intervento programmato e consapevole sulle forme”.
In un gioco di leggerezze e luci, 27 camicie – selezionate tra le più straordinarie create in oltre venti anni di attività – insieme ai suoi disegni, permetteranno di entrare a contatto con la poetica sartoriale di Ferré e i suoi innovativi slanci progettuali.
Tra i capi in mostra, il bustier di seta che, aprendosi come una calla delicata, “svetta come una corolla, incorniciando il viso” quasi sfidando le leggi della gravità; la spettacolare camicia “rovesciata” in cui la logica di costruzione è talmente originale che trasforma il capo in puro oggetto di design; l’essenzialità e il genio di un solo macro collo che si fa camicia; la leggera sontuosità della creazione “merveilleuse”.
Esposta anche un’ampia collezione di immagini, macro proiezioni e installazioni multimediali con video di sfilate provenienti dall’Archivio della Fondazione Ferré.
Dagli appunti di Gianfranco Ferré:
“E’ fin troppo facile raccontare la mia camicia bianca. E’ fin troppo facile dichiarare un amore che si snoda come un filo rosso lungo tutto il mio percorso creativo. Un segno – forse IL segno – del mio stile, che dichiara una costante ricerca di novità ed un non meno costante amore per la tradizione.
Tradizione e novità sono infatti gli elementi da cui prende il via la storia della camicia bianca Ferré. La tradizione, il dato di partenza, è quella della camicia maschile, presenza codificata e immancabile nel guardaroba, che ha fornito uno stimolo incredibile al mio desiderio di inventare, alla mia propensione a rileggere i canoni dell’eleganza e dello stile, giocando tra progetto e fantasia. Letta con glamour e poesia, con libertà e slancio, la compassata e quasi immutabile camicia bianca si è rivelata dotata di mille identità, capace di infinite modulazioni. Sino a divenire, credo, un must della femminilità di oggi…
Nel lessico contemporaneo dell’eleganza, mi piace pensare che la mia camicia bianca sia un termine di uso universale. Che però ognuno pronuncia come vuole…
Questo processo di elaborazione rivela sempre un intervento ragionato sulle forme. Mai uguale a se stessa, eppure inconfondibile nella sua identità, la blusa candida sa essere leggera e fluttuante, impeccabile e severa quando conserva il taglio maschile, sontuosa ed avvolgente come una nuvola, aderente e strizzata come un body. Può essere enfatizzata in alcune sue parti, il collo ed i polsi innanzitutto, oppure ridotta ed intenzionalmente privata di alcune sue parti: la schiena, le spalle, le maniche. Si impreziosisce di pizzi e ricami, è resa sexy dalle trasparenze, oppure incredibilmente ricca ed importante da ruche e volant. Si gonfia e lievita con il movimento, quasi in assenza di gravità. Svetta come una corolla incorniciando il viso. Scolpisce il corpo per trasformarsi in una seconda pelle. E’ la versatile interprete delle più svariate valenze materiche: dell’organza impalpabile, del taffettà croccante, del raso lucente, della duchesse, del popeline, della georgette, dello chiffon…”.
credit images e video Fondazione Gianfranco Ferrè