Scopri il Museo delle Vite Ordinarie: Il Tesoro Nascosto dei Diari a Pieve Santo Stefano!

Di : Lorenzo Dalmoro

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A Pieve Santo Stefano, in Toscana, si trova un museo dedicato alle storie di persone comuni: il Piccolo Museo del Diario, una straordinaria raccolta di documenti autobiografici accessibili ai visitatori di tutto il mondo dal 2013.

Immaginate una stanza piena di scaffali, dove ogni libro non descrive la vita di un personaggio famoso, ma quella di una persona qualunque, con le sue gioie, paure e speranze. Un oceano di esperienze umane, dalle lettere di un soldato al fronte durante la Prima Guerra Mondiale ai diari di una casalinga negli anni del boom economico, fino ai ricordi di un migrante in cerca di un futuro migliore. Tutti questi racconti sono custoditi nelle pagine dei diari personali.

Nelle colline toscane, nella alta Valtiberina, si trova Pieve Santo Stefano, sede delle Archivio Nazionale dei Diari e del Piccolo Museo del Diario, due istituzioni che hanno reso questo piccolo centro di tremila abitanti noto come la “città dei diari”. Fondato nel 1984 dal giornalista e scrittore Saverio Tutino (Milano, 1923 – Roma, 2011), l’archivio è diventato una sorta di santuario della memoria collettiva italiana, ospitando oltre 9.000 documenti autobiografici, tra diari, lettere e autobiografie. Il progetto parte dal presupposto che ogni vita, per quanto possa sembrare ordinaria, possiede un valore storico e umano. Qui, le testimonianze di persone comuni creano un mosaico vivente della storia italiana, raccontata non dai grandi nomi della politica o della cultura, ma da individui comuni. Ogni anno, l’archivio si arricchisce di nuove storie, ampliando un patrimonio inestimabile di esperienze umane.

In un certo punto della sua storia, questo patrimonio ha necessitato di un’espansione: così nel 2013, accanto all’archivio, è stato inaugurato il Museo del Piccolo Diario, progettato per offrire ai visitatori un’esperienza immersiva ed emozionante. Questo museo multimediale unico nel suo genere sfrutta tecnologie innovative per animare le parole scritte nei diari. Installazioni interattive permettono ai visitatori di sfogliare virtualmente le pagine di alcuni dei racconti più significativi, ascoltando le voci di coloro che li hanno scritti e immergendosi nelle loro vite. Ogni angolo del museo è pensato per trasmettere la privacità delle storie personali, creando un ponte tra il passato e il presente.

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L’idea è nata dalla visita all’archivio dell’attore Mario Perrotta, anch’egli impegnato in un’intensa attività di recupero della memoria: il museo, in particolare, trae ispirazione dal suo libro Il paese dei diari ed è stato progettato dallo studio Dotdotdot per strutturare il museo come un racconto continuo, piuttosto che come un archivio. Infatti, i visitatori del museo non trovano documenti ordinati alfabeticamente. Secondo Perrotta, un museo non può essere strutturato in questo modo perché, oltre a essere noioso, potrebbe creare situazioni potenzialmente imbarazzanti (ad esempio, un partigiano accanto a un fascista). Da qui l’idea del percorso multimediale che guida il visitatore attraverso ricordi individuali che gli permettono di scoprire la grande storia dell’Italia. Diversi attori (Marco Baliani, Andrea Biagiotti, Tommaso Bocconi, Matteo Caccia, Grazia Cappelletti, Diego Dalla Casa, Marco Paolini, Mario Perrotta, Paola Roscioli, Maya Sansa) danno vita a queste storie, creando così una rete di racconti avvincenti.

Due storie spiccano in particolare tra le altre: quella di un cantoniere di Ragusa, Vincenzo Rabito, e quella di una contadina di Mantova, Clelia Marchi (Poggio Rusco, 1912 – 2006). Rabito, che ha imparato a leggere e scrivere da solo, ha redatto un’autobiografia cruda e vivace in un italiano ricco di localismi che offre un affresco popolare interessante della Sicilia di metà ventesimo secolo. Al contrario, Clelia Marchi ha scritto la sua vita su un lenzuolo, il più bello del suo corredo matrimoniale: il racconto intimo della sua esistenza ha inizio dopo la morte del marito, Anteo Benatti, in un incidente stradale nel 1972. E come dice Clelia Marchi, “non posso più consumare le lenzuola di mio marito e quindi ho pensato di usarle per scrivere”, l’idea di narrare, in un italiano mescolato al dialetto mantovano, tutta l’esistenza di una vita nella campagna mantovana le è venuta quasi automaticamente. Anni dopo, nel 1985, Clelia Marchi ha donato il suo lenzuolo al sindaco di Poggio Rusco, che ha avuto l’idea di mostrarlo all’Archivio Nazionale dei Diari appena creato: nel 1986, il lenzuolo è stato integrato nell’archivio. Oggi è il simbolo del museo. Nel 1992 è diventato anche un libro (Gnanca na busìa, “Neanche una bugia”), pubblicato da Mondadori.

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Ma il museo non è l’unico strumento con cui l’Archivio conduce le sue ricerche. A pochi chilometri da Pieve Santo Stefano, il borgo medievale di Anghiari ospita un’altra istituzione dedicata alla narrazione del sé: l’Università Libera dell’Autobiografia (LUA). Fondata nel 1998 da Saverio Tutino e dallo psichiatra Duccio Demetrio, la LUA, associazione culturale senza scopo di lucro, si è affermata come un importante centro di ricerca e formazione nel campo della scrittura autobiografica.

L’Università Libera dell’Autobiografia non è una semplice scuola, ma un autentico laboratorio di idee ed esperienze, dove ciascuno può esplorare e approfondire il potere della narrazione autobiografica. I corsi offerti spaziano dalla creazione letteraria alla biografia, dall’autoriflessione alla memoria collettiva. Questo approccio ha attratto studenti e appassionati da tutta Italia e dall’estero, creando una comunità di persone unite dal desiderio di raccontare e comprendere meglio la propria vita attraverso la scrittura. LUA, con la sua offerta educativa, invita alla riflessione personale e collettiva, aprendo nuove prospettive su come le storie individuali possano contribuire a una comprensione più profonda della nostra società. I seminari, i workshop e gli eventi organizzati ad Anghiari sono un’opportunità per tutti coloro che desiderano esplorare il proprio io attraverso la scrittura, a prescindere dall’età o dall’esperienza.

Pieve Santo Stefano e Anghiari condividono quindi una missione comune: preservare e valorizzare la memoria delle persone comuni. Questi due borghi, immersi nella bellezza della campagna toscana, offrono ai visitatori un’esperienza unica di riflessione, scoperta e connessione con la storia. Visitare l’archivio nazionale dei diari di Pieve Santo Stefano e il piccolo museo dei diari, significa immergersi in un mare di vite, dove ogni pagina racconta un frammento di storia personale. È un’esperienza che tocca e che può far riflettere su come le vicissitudini quotidiane degli uomini e delle donne possano contribuire alla costruzione del grande racconto della storia collettiva. Tra le mura di questi borghi, si può scoprire il potere trasformativo della scrittura autobiografica, un mezzo attraverso il quale si può dare voce ai propri pensieri, alle proprie esperienze e, in ultima analisi, alla propria identità. In questo angolo di Toscana, le parole hanno un peso e un valore particolari. Qui, scoprirete come le storie personali, conservate e condivise, possono diventare un ponte tra il passato e il presente, tra la memoria individuale e la memoria collettiva. Un viaggio nel tempo, ma anche un’occasione per ricollegarsi alle radici profonde della nostra umanità.

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Il museo delle vite ordinarie: il piccolo museo del diario di Pieve Santo Stefano

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