Il Teatro alla Scala di Milano ha reintegrato il codice di abbigliamento. Non sono stati diffusi comunicati ufficiali, ma all’ingresso e alla biglietteria sono stati posizionati nuovi cartelli informativi che avvertono: «L’accesso sarà negato senza diritto a rimborso a chi non rispetta il dress code stabilito». Non si richiede un’eleganza estrema — non è obbligatorio indossare cravatta o abiti lunghi — ma si impongono alcune norme basilari: sono vietati indumenti come canottiere, shorts e infradito, per mantenere il decoro e il rispetto sia dello spazio che degli altri spettatori.
Le maschere del teatro saranno incaricate di far rispettare queste regole, utilizzando il buon senso. Per esempio, il divieto di spalle nude non si applica a signore che indossano bluse eleganti o vestiti senza maniche, e le infradito sono consentite quando si indossano calzature tradizionali, come nel caso delle spettatrici in kimono giapponese.
Un regolamento sempre esistito, ma trascurato
Il codice di abbigliamento non rappresenta una novità assoluta per il teatro. È sempre esistito, e fino al 2015 era persino specificato sui biglietti, che suggerivano agli uomini di indossare un completo, preferibilmente scuro nelle serate di gala. Con l’arrivo di Alexander Pereira come sovrintendente, in concomitanza con l’Expo, si decise di adottare un approccio meno rigido per accogliere un pubblico internazionale più incline a un abbigliamento casual.
Successivamente, si è preferito suggerire piuttosto che imporre, facendo affidamento sul buon gusto dei frequentatori. Dominique Meyer, successore di Pereira, ha enfatizzato l’importanza della presenza giovanile al teatro, indipendentemente dal loro abbigliamento. Meyer stesso aveva sperimentato in gioventù gli sguardi critici degli habitué parigini quando, vestito in modo semplice, si recò all’Opéra Garnier. Oggigiorno, tuttavia, non sono tanto i giovani a destare preoccupazioni quanto alcuni turisti che si presentano in tenute inadeguate.
La situazione negli altri teatri: tra consigli e obbligazioni
Anche altri teatri europei si trovano a gestire questioni simili riguardo al decoro dei loro spettatori, cercando di bilanciare apertura e tradizione. All’Opéra di Parigi, ad esempio, viene consigliato sul sito ufficiale di optare per un «abbigliamento appropriato», specialmente durante le serate di gala. La Staatsoper di Berlino valuta positivamente l’eleganza, specialmente nelle prime. La Royal Opera House di Londra adotta un approccio più inclusivo, suggerendo ai visitatori di vestirsi come si sentono più a proprio agio, senza imporre regole rigide.
La Fenice di Venezia, invece, adotta un codice più severo, influenzata anche dal passaggio del suo nuovo sovrintendente alla Scala, Fortunato Ortombina, proveniente proprio da Venezia.
La tradizione del dress code alla Scala
La Scala è stata sempre un luogo dove l’eleganza rifletteva un valore simbolico importante. Sin dalla sua apertura nel 1778, il teatro ha rappresentato un microcosmo della società e delle sue classi, con palchi appartenenti alle famiglie più in vista. Il concetto di decoro era ben definito e rigidamente osservato, specialmente durante le serate inaugurali. L’abito scuro, i gioielli, i guanti e i cappelli erano consueti tra gli spettatori.
Con il passare del tempo, il codice di abbigliamento si è ammorbidito, soprattutto negli anni Ottanta e Novanta, ma non è mai scomparso del tutto. La serata della Prima, il 7 dicembre, è sempre stata un’eccezione, regolata da un cerimoniale dettagliato e da un’attenzione mediatica che impone un dress code quasi per osmosi sociale.
Oltre l’abbigliamento: il comportamento in sala
Il ritorno del codice di abbigliamento alla Scala fa parte di una riflessione più ampia riguardante il comportamento del pubblico. L’eleganza qui non è solo una questione estetica, ma anche di comportamento etico in teatro: silenzio durante lo spettacolo, telefoni spenti, divieto di fare fotografie e di introdurre cibo o bevande dall’esterno. Queste regole, sebbene possano sembrare ovvie, sono spesso trascurate. Un episodio recente ha visto uno smartphone cadere da un palco, colpendo uno spettatore in platea, evidenziando la necessità di rispettare queste norme.
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Teodoro è un giornalista esperto in tendenze e innovazioni stilistiche. Il suo approccio diretto e semplice aiuta tutti a decifrare i codici dello stile moderno. Con curiosità ed esperienza, analizza le novità offrendo una visione chiara e accessibile a tutti i lettori.




