Guerra Fredda e realtà virtuale: scopri come si combatteva oltre i confini!

Di : Teodoro Montani

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La Guerra Fredda e la Battaglia delle Trasmissioni

La Guerra Fredda si estese ben oltre la pura competizione nucleare tra Stati Uniti e Unione Sovietica, toccando anche il campo delle trasmissioni radiofoniche e televisive. Prima ancora che i social media prendessero piede, radio e televisione erano strumenti cruciali per la diffusione di messaggi propagandistici e per le manovre diplomatiche, operando anche attraverso la forza delle immagini. Il conflitto si intensificò particolarmente nei paesi europei adiacenti alla Cortina di Ferro, che segnava il confine tra l’orbita sovietica a est e il blocco occidentale a ovest. Un caso emblematico fu quello di “Radio Free Europe”, finanziata dagli USA, che trasmetteva messaggi anticomunisti ai cittadini dei paesi dell’est, provocando reazioni e azioni di disturbo delle trasmissioni da parte di Mosca e dei suoi alleati. Sebbene le trasmissioni radio potessero essere facilmente intercettate e disturbate, le trasmissioni televisive posevano sfide tecniche maggiori e dunque risultavano meno vulnerabili a interferenze. Questo permise a molti abitanti dell’Europa orientale di ricevere le trasmissioni occidentali, creando una sorta di ponte distopico che li collegava a un mondo “parallelo”.

L’Alba della Realtà Virtuale nella Guerra Fredda

Verso la fine degli anni ’60, stimolati anche dalla corsa allo spazio culminata con l’allunaggio del 1969, iniziarono i primi esperimenti con la realtà virtuale. Negli Stati Uniti, già nel 1962, l’azienda aerospaziale Hughes Aircraft, che collaborava con la NASA, sviluppò il primo casco di realtà virtuale per piloti di aerei stratosferici, chiamato Electrocular. Questo dispositivo era dotato di un visore a tubo catodico che offriva una visuale a 360 gradi. Alla fine del decennio, diversi progetti sperimentarono forme primitive di realtà virtuale, unendo arte e tecnologia. In Austria, nel 1967, il designer Walter Pichler creò un casco a tubo catodico denominato “soggiorno portatile”, che alterava la percezione della realtà con immagini e stimoli elettrici. A Vienna, il collettivo di architetti Haus-Rucker-Co progettò tre diversi dispositivi visivi chiamati “testa di mosca”, “atomizzatore” e “pioggerella”, ognuno dei quali creava un ambiente artificiale isolando l’utente e sostituendo la vista e l’udito con immagini e suoni sintetici. In Polonia, un paese sotto l’influenza sovietica, l’artista Krzysztof Wodiczko sviluppò un primo prototipo di dispositivo per la realtà virtuale che, invece di sopprimere, amplificava l’ambiente esterno modificandone i suoni. Il suo “Strumento personale” era dotato di guanti speciali con sensori che fungevano da microfoni per catturare i suoni degli oggetti, che venivano poi trasmessi all’utente tramite cavi e cuffie. Questi dispositivi offrivano una via di fuga verso un mondo diverso, anche se solo virtualmente.

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