Nel 1982, durante i casting per un film che si sarebbe affermato come un’icona degli anni ’80, si presentò una giovane studentessa di Yale di diciotto anni, Jennifer Beals. Pur non essendo una ballerina, la sua naturalezza e autenticità conquistarono tutti, guadagnandole il ruolo di protagonista in Flashdance. Le parti di danza nel film furono affidate a delle controfigure professionali.
Pochi forse sono a conoscenza del fatto che Flashdance, debuttato nei cinema nel 1983 e diretto da Adrian Lyne (lo stesso di “Nove settimane e mezzo”), trae ispirazione da un episodio realmente accaduto. La protagonista diciottenne, Alex, è un alter ego di Maureen Marder, una donna che lavorava come saldatrice e che per finanziare i suoi studi in una prestigiosa accademia di danza, si esibiva di notte al Gimlets Bar di Toronto. Tom Hedley, lo sceneggiatore, colpito dalla storia di Maureen intravista un potenziale narrativo affascinante e romantico. Ottenuti i diritti sulla sua vita, trasformò la sua esperienza nella storia di Alex, dando vita a uno dei film di danza più celebri di sempre.
La vicenda di Alex, trasposta in versione musical, sarà inaugurata giovedì 9 ottobre al Teatro Nazionale-Italiana Assicurazioni di Milano (al momento unica data), e sarà in scena fino a sabato 17 gennaio. Il musical, adattato e tradotto da Franco Travaglio, vedrà la regia di Mauro Simone e le coreografie di Giorgio Camandona, con la direzione musicale di Andrea Calandrini. Nel ruolo di Alex Owens, la protagonista, troveremo Vittoria Sardo, 25 anni, una ballerina professionista formatasi a Londra nel 2019 e presso la “The Bernstein School Of Musical Theatre” nel 2022, che ha già partecipato a produzioni di Grease, Chicago e West Side Story. Accanto a lei, sul palco, altri diciannove eccezionali artisti, selezionati tra quasi quattrocento candidati. “Il personaggio di Alex ti spinge a riflettere sui tuoi sogni e paure – afferma Vittoria Sardo – e con il regista stiamo lavorando per esplorare tutte le sue complesse sfumature emotive, molto più articolate rispetto alla versione cinematografica.” Maniac, I love rock and roll, What a feeling (presentate nella loro versione originale), la celebre “chair dance”, con quella sedia su cui verranno versati litri d’acqua calda, che ha emozionato intere generazioni, quella passione, quel bisogno di danzare di Alex che coinvolgerà l’intero auditorio. Gli anni Ottanta, da cui lo spettacolo trae gesti, atmosfere e scintille di movimento, sono descritti da Mauro Simone come “non solo un decennio: sono un’energia che esplode, un grido di libertà, di colori, di eccessi.”
Come dice Alex nel film: “Appena esco… la musica inizia e sento il ritmo… e il corpo inizia a muoversi da solo. Può sembrare strano, ma qualcosa dentro di te fa click…”, quel click che scatta ogni volta che si alza il sipario.
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