Stasera prende il via il festival con Willie Peyote e termina il 14 luglio con Fabri Fibra. Il direttore artistico rivela: “Da Torino emergono compositori riconosciuti con i David di Donatello e i César per le migliori colonne sonore degli ultimi anni. Questo dimostra che la qualità qui diventa mainstream”
Il Flowers Festival celebra il suo decimo anniversario, coincidente con i dieci anni dell’album “Educazione Sabauda” di Willie Peyote, artista che inaugura l’edizione di quest’anno stasera.
Fino al 14 luglio, sul palco di Cerosa a Collegno, si esibiranno artisti del calibro di Brunori Sas, Fabri Fibra, gli Afterhours, Emma Nolde, Alfa.
“Dieci anni fa – racconta Fabrizio Gargarone, direttore artistico – gli spettacoli si tenevano al Gru Village. Avevamo previsto Patty Smith e Goran Bregovich, ma Patty Smith non poteva esibirsi all’interno di un centro commerciale. Con un contratto firmato e nessun palco disponibile, contattai il sindaco di Collegno dell’epoca, Francesco Casciano. Lui accolse con entusiasmo l’idea di utilizzare l’area della Lavanderia, già nota per altri festival. Partimmo con quella prima edizione significativa e, nonostante i tempi stretti, fu un successo. Questo formato mancava nella zona. Oggi il Flowers Festival abbraccia tutti i generi musicali e il pubblico partecipa indipendentemente dall’offerta, il che è il risultato più significativo”.
La capienza massima della Lavanderia è di 7500 posti, ma le prevendite lasciano presagire un nuovo record. La storia e l’atmosfera dell’ex manicomio hanno contribuito al successo del Flowers?
“Era un luogo di sofferenza, uno dei maggiori manicomi italiani. I padiglioni erano collegati da un trenino e la lavanderia ospitava le lenzuola di tutta la struttura. Oggi, nel padiglione 14, quello dei ‘furiosi’, dove una volta erano rinchiusi i pazienti, ospitiamo gli artisti per i pasti. Questi racconti impressionano profondamente gli artisti. Gianna Nanni, avendo lavorato come operatrice psichiatrica, fu particolarmente colpita dalla storia del luogo. Una storia che cambia la percezione di ciò che andiamo a rappresentare”.
Il nome del festival deriva dai fiori citati nelle canzoni di De André, e quest’anno la lineup si concentra su cantautori come Faber.
“All’ultimo Festival di Sanremo è tornata in auge la canzone d’autore, un genere che fino a poco tempo fa trovavamo principalmente al Tenco. Ora assistiamo a una fusione tra il pop e la nuova canzone d’autore. C’è un forte ritorno dell’autorialità. Penso che il pubblico italiano si sia stancato delle solite canzoni in loop h24. Questa fase sembra essere al termine. C’è una ricerca di novità. Ai grandi nomi abbiamo affiancato nuovi autori come Anna Castiglia e Joan Thiele, che portano un approccio innovativo e profondo ai temi di genere, combinando qualità e popolarità”.
Questa tendenza rappresenta la direzione che sta prendendo la musica a Torino?
“Non so esattamente dove si stia dirigendo il mercato, ma credo che certi artisti possano rappresentare il futuro con una visione che va oltre la semplice canzone. Molti non se ne sono accorti, ma da Torino provengono compositori che hanno vinto i David di Donatello e i César per le migliori colonne sonore degli ultimi cinque anni. È straordinario. La qualità si trasforma in popolarità”.
Recentemente, si è aperto un dibattito tra gli organizzatori di festival e gli ambientalisti. È possibile organizzare un evento senza danneggiare l’ambiente?
“Dovrebbe essere obbligatorio organizzare festival che rispettino l’ambiente, ma è una questione molto complessa. Parlando da direttore, ho dovuto cancellare l’Apolide ad Alpette per la tutela di un rospo. Non ho mai visto quel rospo, ma oggi mi chiedo: avevo ragione io o il rospo, che esiste solo lì e in Svizzera?”
Quanto è complesso organizzare un festival oggi, tenendo conto anche di questi fattori?
“È molto complesso, richiede un impegno a tempo pieno per lungo tempo. Considera che Caparezza, che si esibirà l’11 luglio 2026, esattamente undici anni dopo il suo primo concerto da noi, è stato annunciato un anno fa. Questo dà un’idea del livello di organizzazione richiesto. Serve una squadra che lavori costantemente tutto l’anno. Ciò riduce lo spazio per i festival organizzati in modo spontaneo e rapido”.
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Teodoro è un giornalista esperto in tendenze e innovazioni stilistiche. Il suo approccio diretto e semplice aiuta tutti a decifrare i codici dello stile moderno. Con curiosità ed esperienza, analizza le novità offrendo una visione chiara e accessibile a tutti i lettori.