Facciamo un tuffo nel passato, precisamente nel 1860, all’interno delle truppe dell’esercito piemontese. Poco prima di attraversare i confini dello Stato Pontificio, il generale Enrico Cialdini, leader degli assalitori, spronava i suoi soldati contro i difensori del Papa con queste parole: “Soldati, vi porto a combattere contro un gruppo di ubriachi stranieri, mossi dalla sete di oro e dal desiderio di saccheggiare i nostri territori. Combatterli e disperderli senza pietà…”. Anche il generale Manfredo Fanti parlava dell’esercito pontificio come di “bande straniere senza patria né casa”.
La rappresentazione dei soldati che difendevano lo Stato della Chiesa da parte dei risorgimentalisti era simile a quella espressa da Cialdini e Fanti, e dunque alquanto ingenerosa. Tuttavia, sembra che la realtà fosse leggermente diversa. Nonostante ciò, è comprensibile il nostro orgoglio e la nostra felicità per la vittoria dei piemontesi e per l’unificazione dell’Italia, non solo come nazione dal punto di vista geografico, ma anche linguistico e culturale.
“I Mille di Pio IX”: l’opera di Alfio Caruso
**Alfio Caruso** ha scritto **I Mille di Pio IX** (edito da Diarkos), un’analisi dettagliata sul decennio turbolento che ha portato all’unificazione dell’Italia sotto la bandiera tricolore. In quel periodo, un esercito variegato e risoluto si armò per proteggere Pio IX e il dominio temporale della Chiesa.
Indipendentemente dalla correttezza o meno della loro causa, chi combatté per lo Stato della Chiesa non era semplicemente un gruppo di ubriaconi o mercenari. Tra loro ci furono **principi, conti, duchi e baroni** di tutta Europa, rischiando e in molti casi perdendo la vita. Soldati provenienti da Olanda, Germania, Irlanda e anche dall’Italia si unirono, motivati dalla fede e dall’opposizione alla nuova Italia, percepita come preda della massoneria e avversaria della tradizione cattolica.
La nobiltà romana e la paura per la fine del potere papale
La nobiltà romana vedeva nell’avanzata dell’esercito sabaudo una minaccia estrema al potere papale, temendo la perdita dei privilegi accumulati nei secoli. Questo pensiero era simile a quello del Principe di Salina, protagonista del celebre romanzo “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Tra i nobili preoccupati spiccava il **principe Alessandro Torlonia**, detentore di una vasta estensione di terreno nell’agro romano.
Nonostante ciò, non tutti gli oppositori erano crociati immacolati. Alcuni si arruolarono per odio o denaro, come molti veterani tedeschi e olandesi. Tuttavia, per molti la motivazione principale fu la fede e il legame con il Papa, la cui inflessibilità dogmatica era il collante dell’intransigenza cattolica, come sottolineato dall’autore.
I difensori europei di Pio IX
In questo contesto, si formò un nucleo leale al Pontefice, composto da un migliaio di uomini pronti a sacrificare la propria vita in difesa di Pio IX contro l’Italia dei Savoia e di Garibaldi.
Questo esercito pontificio era notevolmente eterogeneo, unendo per la prima volta nella storia persone di diverse estrazioni e nazionalità, come il fabbro bavarese al fianco del conte francese, o lo studente italiano accanto all’agricoltore irlandese.
La presa di Roma e l’emergere dell’Italia unita
Con la conquista di Roma, l’Italia si completò geograficamente, unendo il Nord e il Sud. È un fatto di cui, noi italiani, dovremmo essere fieri. Tuttavia, alcuni, erroneamente e in nome del Papa, rimasero distanti da questo processo. Il **colonnello Achille Azzanesi**, ad esempio, venne insultato l’8 dicembre 1870 in piazza San Pietro mentre celebrava Pio IX durante le cerimonie per l’Immacolata Concezione, spingendolo a ritirarsi dalla vita pubblica.
In realtà, l’identità italiana come sentimento comune emerse solo dopo la prima guerra mondiale, quando veneti, abruzzesi e siciliani combatterono insieme in trincea per la loro patria. Fu allora che nacque veramente l’Italia.
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