Noseda incanta Zurigo: addio spettacolare di Homoki con l’Elias di Mendelssohn!

Di : Teodoro Montani

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L’Opera di Zurigo si Accende con l’Elias di Mendelssohn

La scena operistica di Zurigo è illuminata dalle fiamme dell’opera Elias di Felix Mendelssohn, eseguita all’Opernhaus fino al 6 luglio. La direzione musicale è affidata a Gianandrea Noseda, reduce dall’impegnativa direzione della Missa Solemnis di Ludwig van Beethoven al Kennedy Center di Washington con la National Symphony Orchestra. La messa in scena è curata da Andreas Homoki, che con questa opera saluta il suo ruolo di direttore artistico presso la rinomata istituzione svizzera dopo tredici anni di collaborazioni.

Il compositore tedesco iniziò a scrivere l’oratorio Elias nel 1836, portandolo alla sua prima esecuzione il 26 agosto 1846 a Birmingham, che si rivelò un successo straordinario. Durante il decennio di lavoro, Mendelssohn condivide spesso con il librettista, il teologo Julius Schubring, la sua visione performativa del pezzo. Il 2 novembre 1838, Mendelssohn scrive: «Mi preme molto dare il giusto peso all’elemento drammatico, evitando qualsiasi narrazione epica». Il 6 dicembre dello stesso anno, ribadisce: «I personaggi devono agire e parlare come se fossero reali. Per l’amor del cielo, questo non deve essere solo un dipinto musicale, ma un mondo autentico».

La trama dell’opera, impregnata di simbolismi cristiani, segue fedelmente queste istruzioni: si alternano drammi, miracoli, la resurrezione del figlio di una vedova, la discesa del fuoco celeste che smentisce i seguaci di Baal e la loro annientamento, l’ira della regina e dei pagani contro il profeta, e la pioggia che termina una terribile siccità. Queste intense vicende sono contrapposte a momenti di disperazione, silenzio, eremitaggio e contemplazione spirituale, culminanti nell’ascensione al cielo di Elia su un carro di fuoco. La regia e la scenografia di Homoki, ricche di fuoco, crolli e ascensioni, insieme all’intensa interpretazione musicale di Noseda e all’eccezionale performance del baritono Christian Gerhaer, rendono l’opera particolarmente impattante.

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La musica, che oscilla tra la magniloquenza alla Haendel e momenti di introspezione, tra il vigoroso stile biblico e le eteree rarefazioni, è interpretata magistralmente da Noseda, che non cerca compromessi ma segue fedelmente l’evolversi degli eventi. Furia, dolcezza e riflessione trovano piena espressione sotto la bacchetta del direttore sessantenne, al culmine della sua maturità artistica. L’elemento visivo dello spettacolo rende la musica ancora più accessibile, attraendo il pubblico giovane e guidandolo nella ricerca di ideali elevati e di un radicalismo che esplora profondamente la realtà, senza trascurare alcun dettaglio.

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