Esito dei Referendum su Lavoro e Cittadinanza: Quorum Non Raggiunto
Recentemente, i referendum italiani riguardanti temi di lavoro e cittadinanza non hanno ottenuto il quorum necessario. Nonostante quasi 15 milioni di votanti, la partecipazione è stata inferiore rispetto ai più di 25,5 milioni necessari per abrogare parzialmente alcune leggi, come proposto dai promotori dei referendum. In Italia, la partecipazione ha superato di poco il 30%, ma considerando anche i voti degli italiani residenti all’estero, il dato finale è rimasto appena sotto il 30%, molto distante dalla soglia richiesta.
Il voto sul tema della cittadinanza si è rivelato particolarmente deludente per i suoi promotori, con oltre 5 milioni di voti contrari, rappresentando più di un terzo dei partecipanti. Al contrario, i referendum sul lavoro hanno registrato una percentuale molto inferiore di voti contrari.
Dettaglio dei Quesiti Referendari
Il primo quesito trattava la gestione dei licenziamenti illegittimi, proponendo una modifica del Jobs Act, normativa introdotta nel 2015 sotto il governo di Matteo Renzi. Il secondo quesito proponeva di eliminare i limiti massimi di risarcimento in caso di licenziamento illegittimo nelle aziende con meno di 15 dipendenti. Il terzo invitava i datori di lavoro a specificare il motivo dell’assunzione a termine anziché a tempo indeterminato fin dall’inizio del rapporto lavorativo. Il quarto quesito si concentrava sulla responsabilità delle imprese committenti e appaltatrici in caso di infortuni sul lavoro.
Il quinto e ultimo quesito, relativo alla cittadinanza, mirava a ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza necessari per richiederla in Italia, mantenendo invariati altri requisiti essenziali come la conoscenza della lingua italiana, un reddito stabile e l’assenza di precedenti penali.
Molti elettori hanno partecipato al referendum sulla cittadinanza per esprimere la loro opposizione alla riduzione dei tempi richiesti per ottenere la cittadinanza, con il 35% che ha votato “No” contro il 65% di “Sì”. Questo risultato ha assunto una rilevanza politica, vista la forte mobilitazione nelle ultime settimane, in particolare tra i più giovani.
Le forze di centrosinistra speravano in una maggiore affluenza, ma l’esito deludente era in parte previsto, dato che storicamente è difficile raggiungere il quorum in Italia. Sorprendente, invece, è stato il numero elevato di persone che hanno votato contro il quesito sulla cittadinanza: circa 5,2 milioni contro i 9,7 milioni a favore. Nei restanti quesiti, i “Sì” hanno prevalso con percentuali tra l’86% e l’88%.
Il sindacato CGIL, con il supporto di partiti come PD, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra, aveva proposto i referendum sul lavoro. Il referendum sulla cittadinanza era stato invece promosso dal deputato Riccardo Magi del partito +Europa, con il supporto di diverse associazioni e partiti, mentre il Movimento 5 Stelle non aveva preso una posizione definita.
Il Partito Democratico, molto attivo nella campagna per i 5 “Sì”, ha interpretato il risultato come una sconfitta della destra, nonostante diverse critiche a questa visione. Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, ha ammesso apertamente di non aver raggiunto l’obiettivo del quorum.
Subito dopo la chiusura dei seggi, i partiti di destra hanno criticato il centrosinistra, con il presidente del Senato Ignazio La Russa che ha dichiarato l’alleanza tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle “definitivamente morta”. Matteo Salvini, leader della Lega, ha invece sollecitato regole più stringenti per l’ottenimento della cittadinanza italiana.
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