Valgrisa, la tradizione che veste la Valle d’Aosta

Si può essere fedeli alla tradizione e innovativi al tempo stesso? Se parliamo di Valgrisa, il primo marchio prêt à porter montagnard” delle Alpi Occidentali, la risposta è: assolutamente sì. Nata nel 2004 in Valgrisenche, quella zona della Valle d’Aosta ancora caratterizzata da paesaggi selvaggi e incontaminati, tra ghiacciai e pareti rocciose, la sua particolarità è quella di recuperare la tradizione valdostana dell’Ottocento, nelle linee e nei tessuti, e di valorizzarla, rendendo i capi portabili e “cool” anche nel 2018. Conosciuta soprattutto per le sue giacche, un inno alla memoria e alla sapienza dei metodi di produzione tramandati da generazioni, Valgrisa offre anche una gamma completa di accessori e biancheria per la casa, esaltando i tessuti che da sempre la caratterizzano: lana e canapa, lavorati su telai di antica concezione, che riprendono l’antica tradizione artigianale dei “tisserand” della Valgrisenche e di Champorcher, oltre al fustagno e al velluto.

Una tradizione radicata

Valgrisa significa passione per la montagna, ma soprattutto devozione nei confronti della Valle d’Aosta e delle tradizioni che più la contraddistinguono. Le giacche s’ispirano ai capi indossati dalle guide alpine e dalle figure storiche che in quella valle prosperavano. Il tessuto più caratteristico è il drap, letteralmente “panno”, una lana rustica che si distingue per robustezza e calore, ricavata dalle pecore Rosset, razza autoctona valdostana a rischio di estinzione. In tutta la regione ne rimangono soltanto duemila, allevate e curate da numerosi allevatori dediti alla loro tutela. “Di solito si fanno due tosature l’anno e per acquistare la lana ci appoggiamo all’Arev, l’associazione degli allevatori della Valle d’Aosta – racconta Alessandra Fulginiti, socia fondatrice del brand -. In questo modo abbiamo la tracciabilità completa dei nostri capi. Perché Valgrisa nasce da un’amicizia tra quattro soci e dalla consapevolezza che in Val d’Aosta ci sono belle realtà che abbracciano la tradizione locale, ma che non sono abbastanza valorizzate”.

Le giacche

La giacca simbolo di Valgrisa, creata ormai dieci anni fa, si chiama Lodrà ed è ispirata alle prime divise delle guide alpine valdostane: una giacca semplice, elegante e funzionale al tempo stesso. Rimane tuttora il capo più venduto del brand. “Noi non seguiamo le mode, siamo fuori dagli schemi, facciamo gli stessi modelli da 15 anni. I nostri capi si possono dimenticare nell’armadio per una stagione, ma poi si indossano per anni – continua Fulginiti -. Lasciamo alla lana i suoi colori naturali, quindi una sarà più beige, una più grigia, una più gialla chiara: non vogliamo fare troppi interventi”.

Chasse Royale, invece, è una giacca ispirata alle uniformi delle guardie del Parco del Gran Paradiso all’epoca delle Cacce Reali di re Vittorio Emanuele II. La sua particolarità è la sovrapposizione del gilet alla giacca, un accorgimento che regala tante comode tasche, impreziosite dai bottoni impressi con lo stemma della Real Casa. Il modello Marronier rievoca le giacche degli antichi portatori e contrabbandieri che un tempo attraversavano le valli valdostane, mentre la giacca 1865 è dedicata a Jean-Antoine Carrel, il primo uomo a conquistare la vetta del Cervino salendo dal difficile versante italiano. Tra i capi femminili, infine, ricordiamo Chatelaine, che si distingue per il collo alla coreana, il profilo sciancrato e il monopetto, un richiamo al Medioevo che si mescola alla moda ottocentesca delle chemisettes a collo alto.

Una tecnica ispirata ad antichi metodi valdostani per impermeabilizzare i capi (in passato venivano immersi nell’acqua e battuti a lungo con un bastone, per rinsaldare le trame) rende tutti i tessuti Valgrisa resistenti all’acqua.

I tessuti

Come accennato, non è solo tra i profili delle giacche che Valgrisa si afferma. Per quanto riguarda i materiali, si passa da versioni di drap più pesanti, ideali per l’inverno, a quelle più leggere, perfetti per le stagioni di mezzo. “E’ una lana più ruvida rispetto a quelle che si trovano in commercio, ma ci piace perché nasce così ed è così che la vogliamo mantenere”, continua Fulginiti. Tra i tessuti utilizzati troviamo anche il fustagno, il velluto e la canapa, che ancora oggi viene lavorata dalla Cooperativa Lo Dzeut di Champorcher. “In un’ora di lavoro producono solo 40 cm di stoffa. Un tempo la canapa era coltivata in Valle d’Aosta; oggi l’acquistiamo da aziende specializzate. In un’occasione abbiamo recuperato vecchie matasse di canapa appartenute all’esercito italiano, che le usava per allacciarsi le scarpe”, racconta ancora la fondatrice.

I capi Valgrisa, infatti, nascono da uno studio attento delle usanze storiche e dai racconti degli anziani della zona: “Siamo andati a intervistare le persone, chi era guida, chi era guardia del Parco del Gran Paradiso, e ci siamo fatti raccontare come le giacche si portavano un tempo. Qualcuno ci ha persino lasciato vecchi capi d’archivio”, aggiunge Fulginiti.

La produzione

Per creare una giacca Valgrisa servono circa 2 metri di tessuto, che provengono da diversi chili di lana (dopo essere stata raccolta, infatti, il 50% del suo volume va perso durante la pulizia). Il processo è questo: dopo la tosatura, la lana grezza viene raccolta e cernita dall’Arev, che la certifica come lana Rosset. Successivamente viene portata nel biellese, dove subisce i vari processi, e infine viene intessuta sempre nella stessa zona oppure in Valgrisanche. Una volta arrivati al prodotto finito, le giacche Valgrisa vengono distribuite nei punti vendita tra i commercianti della zona e nello store di Aosta, nella bella piazza della cattedrale. Le giacche vengono vendute in combinazione con un bellissimo attacapanni in legno di ciliegio, realizzati da artigiani valdostani con un rosone in peltro, tipico dell’arredamento valdostano dell’800.

ph ufficio stampa 

Irene Dominioni

Cresciuta nella foresta di libri della sua casa milanese, Irene ha inseguito la passione per il giornalismo in Danimarca e in Olanda, grazie al master Erasmus Mundus Journalism, Media and Globalisation. Su Moda a Colazione scrive di cultura e viaggi.

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