Calligaris: la storia del seggiolaio di Manzano

“Mi chiamano seggiolaio e ne sono orgoglioso – confessa Alessandro Calligaris -. Non è, infatti, la sedia elemento fondamentale del rito del banchetto?”. Intorno alla mensa l’uomo ha condiviso, gioito e sofferto. E le storie che si sono tramandate dinanzi a un pasto sono quelle che hanno narrato il mondo. Non solo. Le sedie hanno raccontato i caratteri e le tradizioni, e hanno ospitato il riposo, come ricordano numerosi pittori, da van Gogh a Veermer, da Modigliani a Botero, da Segantini ad Hammershoi.

Non deve stupire, dunque, se nel 1923 a Manzano, in provincia di Udine, Antonio Calligaris aprì il suo piccolo laboratorio artigianale per produrre la sedia Marocca, caratterizzata da una struttura in legno e una seduta impagliata, tipico manufatto della zona, ribattezzata poi il “distretto della sedia”. Il taglio e l’assemblaggio delle parti in legno erano affidati principalmente agli uomini, mentre l’impagliatura veniva realizzata a domicilio dalle donne che, in circa due ore, riuscivano a completare un modello.

Dagli anni Sessanta al Duemila

Con la terza generazione Calligaris, rappresentata dai nipoti Alessandro e Walter, si passò a una macchina impagliatrice automatica, capace di finire una sedia, con fibre sintetiche simili alla paglia, in un minuto e venti secondi. Così l’azienda si trasformò in una realtà industriale ben strutturata, che, dagli anni ’80, sperimenta le tecnologie più innovative, affiancando al legno nuove combinazioni materiche: plastica, metalli, rivestimenti in cuoio e tessuto, per citarne alcuni.

“Fino a vent’anni fa, il metallo era considerato materia utile per l’arredo di ospedali e scuole, per la sua resistenza intrinseca. Noi lo abbiamo trasformato in un contenuto espressivo, facendo sempre attenzione al prezzo in relazione al valore percepito. Allo stesso modo abbiamo inteso la plastica, che ci dà la possibilità di creare sedie di design, aggraziate e lavabili, quindi molto funzionali”.

Calligaris oggi

Alla casa contemporanea, l’azienda dedica pezzi “d’antan”. Come Fifties, una collezione di sedie anni ’50 nate dalla creatività di Busetti Garuti Redaelli, dove all’esile struttura in metallo ottonato o nero, sono abbinate seduta e schienale in cuoio o in velluto. Il team Archivolto, invece, ha firmato quattro particolari famiglie di sedute, tra cui Saint Tropez, giovane e informale, con una scocca in policarbonato dalle linee morbide.

Ma se, come dicevamo all’inizio, la sedia è parte di un rito, “il suo sposo per antonomasia è il tavolo”, continua Calligaris. Sedia e tavolo, dunque, un insieme armonico. Memoria e domani. “Negli anni ’80, abbiamo regalato alle sedie compagni degni della cultura mediterranea, caratterizzata da famiglie numerose. Via via, con il cambiamento della società, l’attenzione si è spostata su tavoli più piccoli ma allungabili. Per questo abbiamo pensato a prodotti resistenti, facili da pulire e semplici da allungare.

Il design d’avanguardia e la tecnologia si incontrano, ad esempio, in Orbital, disegnato da Pininfarina in collaborazione con il nostro studio tecnico, che ha ideato l’ingegnoso meccanismo di apertura. Un tavolo che, di solito, lascia a bocca aperta”. Dalla creatività di Gino Carollo, invece, nasce Jungle, con una doppia base composta da elementi in frassino che si incrociano in solidi incastri ricavati dal massello; un prodotto, dunque, che racconta il savoir faire dell’azienda nella lavorazione del legno. C’è di più. Oggi le proposte di tavoli Calligaris diventano taylor made, ovvero personalizzabili: alle basi in collezione c’è la possibilità di abbinare un piano fra le tantissime varianti proposte, tra cui il nuovo accoppiamento vetro-foglio di ceramica, con effetto marmo bianco, nero, onice.

articolo aggiornato ma scritto per Il Giornale nel 2017; photo ufficio stampa Calligaris 

Margherita Tizzi

Giornalista, scrive su Vogue Italia, Amica e Grazia. È co-founder di Eccetera, studio specializzato nella creazione di progetti editoriali su misura, online e offline. E, dal 2013, su questo webzine racconta storie di luoghi, di fatto a mano e made in Italy, di cultura, arte e lifestyle.

No Comments Yet

Comments are closed