La moda essenziale di Petit Bateau: la storia e le invenzioni

Un nome uscito dall’infanzia, una rima senza età che viene trasmessa di generazione in generazione. “Mamma, le piccole barche che sono in acqua hanno le gambe?”, risuona nella testa di Etienne Valton, figlio di Pierre, fondatore della società nel 1893, che ebbe un’idea un po’ folle: tagliare le gambe dei tradizionali e lunghi caleçons di lana, scomodi e poco igienici, per creare le prime culotte di cotone da bambino che avranno il successo che oggi conosciamo. Era il 1918. Questo geniale colpo di forbici sigilla il destino del marchio di Troyes, che vinse il Gran Premio dell’Innovazione all’Esposizione Universale del 1937, a Parigi.

Nel 1960 arrivarono, poi, i pigiami in spugna e ciniglia: la loro forma favorisce la libertà di movimento dei più piccoli, la loro concezione li aiuta a vestirsi da soli, il loro supporto molto morbido non si deforma durante i lavaggi e li tiene al caldo. Altri materiali segnano la storia del marchio, come il tubique, una felpa leggera, morbida, ariosa, con motivi incisi nel tessuto. O la lana e cotone di cui Petit Bateau detiene il know-how della perfetta combinazione: lana esterno, cotone all’interno, calore e comfort.

E che dire della cerata gialla e dei body con dei bottoni a pressione sul cavallo per i bebé? E dei body con scollatura americana (1950), molto più pratici e confortevoli? Petit Bateau li inventò osservando le scollature delle magliette dei soldati del dopoguerra, che infilavano la loro biancheria intima senza togliersi il casco.

L’avventura delle righe

La maglia millerighe di cotone a due fili fu sviluppata nel 1970 e ancora oggi richiede delle macchine di tricottaggio speciali. Perché il nome millerighe? Ci sono un migliaio di righe per ogni metro di tessuto, semplice. Certo, la mariniere di Petit Bateau segue un ritmo preciso e ha i propri codici: il “no scratch” (la distanza tra due righe) della riga bianca è diversa da quella blu. E un invisibile e meticoloso lavoro di montaggio assicura la continuità delle righe tra il busto e le maniche.

Il successo

Petit Bateau deve la sua notorietà in parte alle sue ironiche pubblicità, che risvegliano i ricordi dell’infanzia. Dal 1920 per trent’anni, ad esempio, Marinette, piccolo personaggio immaginario, incarnò l’energia, la creatività, la libertà dei ragazzi. D’altronde, ”A cosa serve immaginare dei vestiti se non possiamo fare nulla indossandoli?”, recitava lo slogan del 2002. Ancora. “Mai vecchio per sempre” è la campagna pubblicitaria lanciata in occasione dei 120 anni di Petit Bateau, che ha affermato in modo malizioso e gioioso che l’età è una questione di “punti di vista”. Negli ultimi anni, il marchio ha anche collaborato con noti designers per esprimere la ricchezza del suo universo: Carven, Christian Lacroix e Maison Kitsuné sono tra questi.

Il marchio oggi

Intimità, dolcezza, umorismo, qualità e confort: queste, insomma, le parole chiavi di Petit Bateau – l’infanzia, invece, mettiamola da parte visto che il brand ha conquistato da tempo anche il pubblico adulto. Invece, possiamo parlare di vestiti tramandati di fratello in fratello, perché questo abbigliamento è fatto per durare. Le t-shirts non si deformano grazie alla densità di cuciture, i bottoni a pressione dei body non si muovono, il cotone mantiene tutta la sua dolcezza. Poi il fenomenale punto picot della scollatura, un miniboucle libero, e il punto cocotte più stretto, ottenuto da una macchina appositamente inventata. Infine, il montaggio di diverse componenti fatto a mano con grande cura, come il confezionamento nella famosa piccola scatola riconoscibile tra mille.

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Margherita Tizzi

Giornalista, scrive su Vogue Italia, Amica e Grazia. È co-founder di Eccetera, studio specializzato nella creazione di progetti editoriali su misura, online e offline. E, dal 2013, su questo webzine racconta storie di luoghi, di fatto a mano e made in Italy, di cultura, arte e lifestyle.

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