Sorprendente per la varietà e la quantità dei principi attivi, tipici sia delle piante terrestri che delle alghe, è la Posidonia oceanica, nota in epoca classica antica come “erba di Nettuno”. Generosa nei confronti dell’uomo e dell’ambiente, forma vere e proprie praterie in tutto il Mediterraneo e ama crescere avvolta da acque terse come quelle delle Isole Egadi, dove queste praterie si estendono attorno all’isola di Favignana e tra questa e la costa siciliana, per un totale di circa 8.000 ettari. La profondità massima raggiungibile dalla Posidonia oceanica dipende dalla trasparenza delle acque, per le necessità imposte dalla fotosintesi. In genere non supera i 40 metri, ma in acque particolarmente limpide, come quelle delle Egadi, è possibile trovarla fino a 50 m.
Antica e longeva
La Posidonia oceanica in realtà non nasce dal mare. Appartiene, infatti, alla famiglia delle fanerogame, piante terrestri che, alla fine del periodo Cretaceo, circa 120 milioni di anni fa, colonizzarono l’ambiente marino del Mediterraneo, l’unico a ospitare questa specie. La sua resistenza alle aggressioni esterne le ha permesso di superare la crisi del Messiniano, con il prosciugamento quasi completo del bacino mediterraneo, quando, circa 5,5 milioni di anni fa, restò isolato dall’oceano Atlantico.
A formare la Posidonia oceanica è un rizoma dotato di radici, fusto, foglie, fiori e frutti, che si riproduce principalmente per via asessuata, mediante dispersione di frammenti e accrescimento orizzontale. La pianta fiorisce in tarda estate a bassa profondità (15 m) e in autunno a profondità maggiori (fino a 30 m).
Presiede l’ecosistema marino e protegge le coste
Le vaste estensioni di fondale che occupa la Posidonia realizzano una cintura compresa fra circa 3 e 30 m di profondità. Questa fascia crea un ecosistema caratteristico, costituito da un vasto insieme di specie vegetali e animali, e una barriera protettiva per la linea costiera. Dunque, la Posidonia oceanica viene considerata un buon indicatore della qualità delle acque litorali e offre un prezioso contributo all’ossigenazione delle acque.
Basti dire, infatti, che produce ben 2,5 volte l’ossigeno emesso dalla foresta amazzonica, assorbendo, nel contempo, CO2 in grande quantità. Ancora: con i rizomi formati da ciuffi di 6-7 foglie nastriformi, che possono raggiungere lunghezze superiori al metro, svolge funzioni di ripopolamento e di nursery per la fauna marina.
Il sistema delle matte, questo il nome della struttura che si forma con l’accrescimento verticale dei rizomi, inoltre, costituisce un rafforzamento del substrato che limita l’erosione operata dalle correnti marine e dal moto ondoso.
Un rapporto con l’uomo che dura da sempre
Le testimonianze archeologiche e storiche raccontano di un rapporto tra l’uomo e la pianta che dura da sempre. Nella grotta du Lazaret, nelle Alpi Marittime francesi, sono stati trovati resti di foglie risalenti alla fine della glaciazione di Riss, più di 100 mila anni fa, presumibilmente utilizzati come giaciglio dagli occupanti. Un uso analogo, sopravvissuto fino a epoche recenti, è quello di lettiera per il bestiame, sfruttando lo scarso insediamento di parassiti. A Venezia le foglie fungevano da imballaggio per il trasporto dei vetri artigianali, un impiego talmente diffuso che la pianta era nota tra i botanici, in epoca antecedente a Linneo, come Alga Marina Vitrariorum.
In varie zone del Mediterraneo le foglie secche erano un materiale di rivestimento per i tetti e un isolante termico per le abitazioni. Inoltre, grazie al loro elevato contenuto minerale, le foglie erano usate come ammendante agricolo, cioè come fertilizzanti, in grado di migliorare le caratteristiche fisiche del suolo.
Le prime notizie sulle sue valenze medicinali risalgono, invece, alla civiltà egizia, dove pare fosse usata per trattare problemi della pelle. In altri casi, era nota la sua efficacia contro l’acne e per combattere i dolori agli arti inferiori dovuti a vene varicose. Papa Giulio III, nel XVI secolo, rese popolare l’uso delle foglie come imbottitura per cuscini e materassi. Sembra che tale pratica prevenisse le infezioni respiratorie e alleviasse la condizione dei tisici, forse per una minore carica microbica di tali imbottiture rispetto ad altri materiali.
La creazione di un estratto cosmetico esclusivo
Regina dei mari da 120 milioni di anni, la Posidonia oceanica si è rivelata anche una preziosa alleata di bellezza. Le ricerche sul suo possibile utilizzo in cosmetica hanno preso avvio grazie all’intuizione di un imprenditore da sempre innamorato delle Isole Egadi che, supportato da una cosmetologa e da un’esperta di marketing e comunicazione in ambito cosmetico, ha creato Egadi Cosmesi Naturale. La società, d’intesa con l’Area Marina Protetta delle Isole Egadi, ha definito un protocollo di raccolta ecocompatibile della Posidonia oceanica spiaggiata e, in collaborazione con il Polo Botanico dell’Università di Genova, l’Istituto di Biofisica del Cnr, il Laboratorio di sintesi chimica e spettrometria di massa del Cerb dell’Università di Genova e il Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologia dell’Università del Piemonte Orientale, ha messo a punto un estratto che ha dimostrato ottime virtù antiossidanti, elasticizzanti, tonificanti, rivitalizzanti e che è diventato il filo conduttore di una nuova linea di trattamento per viso e corpo. Ecco la linea Posidonia di Maressentia.