Alto Adige: il tradizionale bagno nel pino mugo

Le prime testimonianze relative alla distillazione dellolio di pino mugo in Val Sarentino (Alto Adige) risalgono a oltre 100 anni fa. Visto che all’epoca non esistevano trattori e strade, l’impianto per la distillazione veniva realizzato direttamente in altura e, a fine giornata, i raccoglitori s’immergevano tra i trucioli di pino mugo ancora caldi, per sciogliere le tensioni e lenire il dolore delle ferite. Spesso anche le persone più anziane e provate dalle fatiche venivano trasportate su carretti alla “distilleria mobile” per essere curate: si narra che, dopo due settimane, ritornassero a casa sulle loro gambe.

L’olio di pino mugo, detto anche Bergsegen (“benedizione della montagna”, nella lingua popolare), è ancora oggi un valido rimedio casalingo locale, usato per un bagno rigenerante, inalato in caso di raffreddore o frizionato sul corpo per alleviare sofferenze articolari e reumatismi. A differenza degli altri esemplari della sua specie, infatti, il pino mugo della Val Sarentino cresce su terreni vulcanici e acidi, particolarmente ricchi di sostanze nutritive e curative (circa 60), oggi comprovate da testi, studi e relazioni scientifiche.

La storia di Eschgfeller

Se nel primo Novecento la distillazione veniva fatta direttamente in alta quota (distilleria mobile), cioè oltre i 2000 metri d’altitudine, nel 1970, Florian Eschgfeller costruì la prima fabbrica a valle. Ancora oggi, il legno di pino mugo viene lavorato a cippato nelle segherie e i residui secchi della distillazione vengono utilizzati come combustibile per la caldaia del sito produttivo, ma anche per il riscaldamento dell’abitazione della famiglia, del garnì, del bar e del Centro Benessere Alpino Eschgfeller. Le ceneri dei processi di combustione vengono, invece, impiegate dai contadini come concime per i campi: così il ciclo si chiude con un ritorno alla natura.

Tra le varie attività degli Eschgfeller, oggi gestite dalla moglie di Florian, Barbara, dal figlio Philipp e dalla nuora Christine, è degno di nota il Centro Benessere Alpino, dove Barbara ha ricreato l’originale bagno di pino mugo, che consiste nel giacere, per una mezz’ora, proprio sopra un letto di trucioli di pino mugo ancora caldi, come una volta. Si può godere di questo trattamento solo da maggio a ottobre, quando i teneri ramoscelli con pigne e aghi vengono raccolti.

La raccolta del pino mugo

Il pino mugo viene raccolto durante i mesi estivi, nelle giornate di sole. Di prima mattina, a bordo dei loro trattori, gli addetti raggiungono i mugheti a 2000 metri d’altitudine e, muniti di motosega e accetta, tagliano gli arbusti, lavorando sulla pianta intera. I ramoscelli con pigne e aghi vengono legati in fasci (possono raggiungere anche i cinquanta chili di peso), caricati a spalla sul trattore e sminuzzati. I rami più grandi, invece, vengono tagliati e accatastati, per poi essere consegnati alle segherie e lavorati a truciolato. 

La raccolta del pino mugo è sostenibile e coordinata dall’ente forestale, che preserva per lo più i terreni da pascolo. Le piante, infatti, crescono naturalmente e nel giro di 20-25 anni raggiungono la dimensione adeguata per poter essere nuovamente tagliate. Ogni anno, gli Eschgfeller raccolgono 5 tonnellate di pino mugo, ma pensate che, per ottenerne 10 chilogrammi di olio puro, occorrono 250-300 chilogrammi di triturato.

I prodotti da provare

Oltre al pino mugo, Eschgfeller realizza prodotti a base di olio di cembro, larice di montagna, abete rosso, abete e ginepro. Da 10 anni, l’azienda fa parte anche della cooperativa Sarner Natur, che sviluppa, produce e commercializza prodotti a base di pino mugo, il cui fiore all’occhiello è la linea cosmetica Trehs.

Soggiorno al Bad Schörgau

Dopo aver goduto del Centro Benessere Alpino Eschgfeller, consiglio di passare qualche giorno all’Hotel Bad Schörgau di Gregor Wenter, un piccolo paradiso nascosto nel bosco. La cucina stellata propone piatti del territorio e mediterranei rivisitati, mentre il menù della spa presenta bagni al pino mugo nelle tinozze di una volta e trattamenti con macchinari Iyashi Dome. Presenti solo in due hotel in Italia, questi macchinari nascono da un’idea di Shogoro Uemura, fino al 2004 un imprenditore nel campo della diagnosi ambientale. Durante un viaggio in Giappone per visitare la famiglia, Shogoro venne introdotto dal padre a uno studio sulla rigenerazione cellulare per risolvere gli effetti dannosi della radioattività dovuta alla Seconda Guerra Mondiale, ma anche dell’ambiente inquinato e stressante. Ispirato anche dal tradizionale Suna Ryoho, gli antichi bagni giapponesi nella sabbia calda, Uemura creò l’azienda Iyashi Dome e una serie di trattamenti rigenerativi.

foto Margherita Tizzi

Margherita Tizzi

Giornalista, scrive su Vogue Italia, Amica e Grazia. È co-founder di Eccetera, studio specializzato nella creazione di progetti editoriali su misura, online e offline. E, dal 2013, su questo webzine racconta storie di luoghi, di fatto a mano e made in Italy, di cultura, arte e lifestyle.

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