“Ah, che bellu cafè, sulo a Napule ‘o sanno fa’, e nisciuno se spiega pecché è ‘na vera specialità!”, cantava negli anni ‘60 Domenico Modugno. Ancora oggi, il caffè migliore si gusta a Napoli. Infatti è proprio lì che, nel 1963, nacque Kimbo per mano dei tre ingegnosi fratelli Rubino.
Il legame con la città
Quando arrivò in Europa, nel XVII secolo, il caffè era già diffusissimo. A Londra era più popolare del tè e famosa è la commedia “La bottega del caffè” di Goldoni, risalente al 1750, ambientata in una piazza di Venezia su cui si affaccia una caffetteria. Ma Napoli ha da sempre un rapporto particolare con questa bevanda, un legame profondo e indissolubile, che, non solo in passato, riempiva la vita quotidiana di ritualità e piacevolezza. Non per niente occorreva tempo per farlo: la famosa “tostatura napoletana” e l’uso della caffettiera locale richiedevano pazienza e attenzione, per fare un espresso di qualità.
Napoletano nell’anima
Tra tutti coloro che, in città, si occupano di caffè per vivere, anche i fratelli Rubino crescono aiutando il padre nel bar-pasticceria di famiglia, il cui espresso è tanto famoso da attirare clienti anche da altri quartieri. È coltivando questo successo e quello delle nuove tecniche di confezionamento (con la lattina sottovuoto, che consente di esportare il caffè ovunque) che nel 1963 i fratelli decidono di fondare la Cafè do Brasil S.p.A.. Il nome dell’azienda si rifà all’esoticità della terra da cui il caffè proviene, ma quello con cui verrà conosciuta poi in tutto il mondo è il suo marchio principale, Kimbo: un nome che è presto diventato sinonimo di eccellenza e che ha contribuito alla fama del caffè napoletano nel mondo. Oggi fa affidamento su uno stabilimento di 40mila metri quadrati a Melito di Napoli e sul Kimbo-hub di 18mila metri quadrati all’interporto di Nola, e da diversi anni è il secondo più importante produttore di caffè in Italia. E, da qualche mese, della pasta al caffè.