L’affascinante storia dello skateboard (fino alle olimpiadi di Tokyo 2020)

Nacque negli anni ‘50, in California, per tenere in allenamento i surfisti quando non potevano cavalcare le onde, ma si affermò in breve tempo tra Stati Uniti e Canada. Da noi arrivò negli anni ‘70, naufragando dopo appena qualche anno; oggi, però, è tornato in voga. È lo skateboard, mitico sport dall’appeal cinematografico, che, come nel passato, continua ad attrarre tanti giovani. Certo, è cambiato il contesto culturale e anche di genere (sono infatti sempre di più le ragazze che lo praticano), ma la passione per la tavola non è mai tramontata. 

Gli inizi

Nessuno sa chi introdusse il primo skateboard; pare che i primi avvistamenti di rudimentali tavole fossero già avvenuti negli anni ‘40, tra i bambini del quartiere di Montmartre, a Parigi. Si trattava di lastre ricavate dalle casse del latte o altro, cui venivano attaccate ruote da pattini. Sembrerebbe, quindi, che a dare vita a quello che è diventato uno degli sport più amati in tutto il mondo siano state più persone, sviluppando idee simili nello stesso periodo.

I primi produttori comparvero nei primi anni ‘60: Jack’s, Kips’, Hobie, Bing’s and Makaha, brand che diedero seguito al sidewalk surfing, il surf da marciapiede. Nel 1963 venne organizzata la prima gara ad Hermosa, California. Fu l’occasione in cui i primi grandi nomi dello skate iniziarono a distinguersi: Tony Alva, Jay Adams e Stacy Peralta. Questi passarono alla storia come gli Z-Boys, surfisti fatti skater, che per primi portarono l’arte di skateare nelle piscine vuote (una tendenza sviluppata durante la siccità in California nel 1976) al grande pubblico. Alva, in particolare, è riconosciuto come il fondatore del vertical skateboarding (lo skate praticato su speciali rampe che consentono la giusta velocità e inclinazione per i trick), mentre il famoso ollie, una delle acrobazie con cui sollevare lo skate a mezz’aria, movimento di base per tante altre, fu inventato da Alan “Ollie” Gelfand. Le ragazze che lo praticavano erano in netta minoranza rispetto ai maschi, ma si distinse Patti McGee, prima skater donna professionista, in copertina sul magazine Life del 1965.

Il boom in Italia arrivò nell’inverno del 1977 e vide le strade invase da giovanissimi entusiasti, ma il successo fu stroncato l’anno successivo: la pericolosità della pratica su strada aumentò in maniera considerevole gli incidenti, tanto che lo sport venne bandito in tutto il territorio nazionale. Rimase nell’ombra per un periodo, finché negli anni ‘90 cominciò a riprendere piede e visibilità, affermandosi fino a diventare una disciplina riconosciuta dal Coni. Non solo: è stato annunciato che alle olimpiadi di Tokyo 2020 sarà annoverato tra le nuove discipline in cui gareggiare, insieme a baseball, surf, karate e arrampicata.

L’aspetto culturale

Una delle maggiori curiosità di questo sport è che i primi skater utilizzavano la tavola a piedi nudi (qualcuno lo fa ancora). Dagli anni ‘80 in poi, però, la scarpa per eccellenza dello skater diventò la Vans, brand che peraltro ha sostenuto e accompagnato lo sviluppo di questo sport fino ai nostri giorni, sponsorizzando la maggior parte delle competizioni negli anni. Inoltre, fino alla metà degli anni ‘70, il mondo dello skate era stato fortemente influenzato dalla cultura del surf; i primi skateboard, infatti, avevano poche grafiche e presentavano uno stile neutro. Via via che lo sport acquisiva popolarità, però, alla tavola iniziarono ad avvicinarsi diversi artisti, che finalmente introdussero i colori e i disegni che oggi associamo alle tavole. Il più rivoluzionario durante gli anni ‘80 fu Jim Phillips, la cui Screaming Hand diventò non solo il logo della Santa Cruz Skateboards, ma anche motivo di tatuaggi e di un’identificazione profonda con lo spirito dello skateboard. Alcune speciali tavole da collezione sono state decorate anche da artisti come Andy Warhol e Keith Haring.

Lo skate è, insomma, diventato un fenomeno di massa, e anche l’immagine di chi lo pratica è cambiata nel tempo. Se una volta lo skater era visto come un ribelle, un anticonformista e un punk, oggi sono molte persone diverse a divertirsi in equilibrio sulla tavola. Anche l’uso di diversi generi musicali associati allo sport, come l’hip hip, il reggae o l’hard rock, per esempio per accompagnare i video degli skater, dà conto della varietà di gusti e di identità che si trovano oggi nella subcultura dello skate. Anche il mondo del cinema ha contribuito a creare un’immagine più vicina e positiva degli skater, come nei film Thrashin’, Grind e Lords of Dogtown, dove i protagonisti, sebbene insofferenti alle regole e all’autorità in generale, hanno uno sguardo positivo sulla vita e si trovano impegnati in una sana competizione sportiva, animati da un forte spirito di gruppo.

Da dove incominciare

Le specialità più conosciute si chiamano street-skating, vertical-skating, longjump e freestyle. Per ciascuna le caratteristiche della tavola variano, ma si tratta sempre di una tavola di acero (nel tempo, però, sono state sperimentate anche di vetroresina e alluminio) di forma concava, per favorire la stabilità, il più delle volte decorata con motivi e colorazioni originali. Le tre principali tipologie sono lo skateboard classico, dotato di ruote piccole e tavola (deck) rialzata sia in punta che in coda, ideale per fare trick in uno skatepark; il cruiser, uno skate più da strada, con ruote più grosse e dimensioni contenute, comodo quindi da trasportare; infine il longboard, una tavola molto particolare di cui esistono 6 tipi e specialità diverse, pensato per coprire lunghe distanze e raggiungere alte velocità, proprio come un mezzo di trasporto.

Per chi si stesse avvicinando per la prima volta allo skate, occorre ovviamente iniziare a recuperare tutto l’equipaggiamento: oltre alla tavola (i principali brand sono PlanB, Element, Zero, Girl e Almost, solo per citarne qualcuno), serviranno sicuramente ginocchiere, casco e gomitiere. Qualche caduta sarà inevitabile, meglio quindi proteggersi il più possibile da subito.

Nelle principali città italiane, poi, si trovano corsi per tutte le età: a Milano #BoardRiding, Coyote Skate School e Milanoskating, a Roma Full Time Skateboard e Bunker Skate Park, a Bologna Eden Skateboarding e Riders Academy Skateboard School (quest’ultima anche a Torino). Per seguire le principali tendenze del mondo dello skate non si può non fare un giro su Thrasher Magazine, e infine, per gasarvi un po’, date un’occhiata ai video dell’appena conclusa Vans Park Series, il campionato mondiale di skatepark, a Shanghai: lo skate non avrà più segreti per voi!

Irene Dominioni

Cresciuta nella foresta di libri della sua casa milanese, Irene ha inseguito la passione per il giornalismo in Danimarca e in Olanda, grazie al master Erasmus Mundus Journalism, Media and Globalisation. Su Moda a Colazione scrive di cultura e viaggi.

No Comments Yet

Comments are closed