Storia e curiosità sulla coffa siciliana

Oggetto mutuato dalla tradizione contadina siciliana – era la sporta per il cibo dei contadini e degli animali (riempita di paglia o di fieno veniva legata al collo dell’asino o del cavallo) – la coffa o “cuffinu”, a seconda della forma o della provenienza regionale, è molto più che una borsa. La sua creazione era ed è ancora oggi una vera e propria attività artigianale, nata da materiali poveri ma duraturi.

Tutto inizia dalla raccolta estiva delle foglie tenere della palma nana (detta anche “troffa di curina” o “giummara”), pianta molto diffusa nella vegetazione mediterranea. Le foglie esterne, più dure, venivano e vengono utilizzate per realizzare delle scope di varie dimensioni e consistenza, per tutti gli usi domestici. Le foglie più tenere vengono essiccate e utilizzate dagli artigiani cui è stata tramandata quest’arte povera. Con la curina, cioè la foglia essiccata (termine che rimarca la forma affusolata), si possono realizzare altri oggetti, come corde e canestri, piccoli e leggeri, per la tavola.

Coffarte, il laboratorio di Roberto Caggia

A Comiso (RG), l’artigiano Roberto Caggia ha dato vita a Coffarte, un brand che ha portato la coffa in passerella e in giro per il mondo. Le coffe di Caggia sono uniche e realizzate a mano. E sono arricchite con preziose sculture in pietra di Comiso (molto difficile da lavorare), miniature piccole anche 1×1 cm. Per la decorazione, l’artigiano utilizza anche ricami, merletti e stoffe.

“Ho sempre avuto il pallino dell’arte e della scultura – spiega l’imprenditore -. Quattro anni fa ho acquistato una macchina a controllo numerico, con cui ho cominciato a incidere la pietra, ottenendo delle sculture in miniatura. Dopo tre anni di studio e sperimentazione è nata l’idea di inserire la pietra naturale incisa sulle borse. La mia compagna cura il design e gli accostamenti dei colori. Così, questa borsa, usata un tempo come cesta per il foraggio dei muli durante le giornate di lavoro, oggi diventa un accessorio ricco di cultura e tradizione”.

 

Daniè, l’atelier di Daniela Napolitano

Sulla coffa grezza, sempre intrecciata con la tecnica artigianale, Daniela Napolitano monta dei veri e propri gioielli. Nata a Ragusa, la designer ha studiato a Firenze per diventare orafa e incastonatrice di pietre preziose. Un percorso fatto di manualità e amore per i dettagli, che l’ha portata a creare proprio una collezione di coffe e accessori moda.

La sua coffa più preziosa? “Quella con la testa della Fanciulla in oro 24 carati. È disponibile anche in platino e madreperla, o personalizzata – racconta Daniela Napolitano, founder di Danié -. “Il mio intento è quello di creare un ponte immaginario tra la mia terra, la Sicilia, e il resto del mondo, per comunicare il nostro eccezionale savoir-faire”. 

Sulle borse dell’artigiana ci sono il fuoco dell’Etna, il viola della vite, il rosa del mandorlo in fiore, l’oro dei campi di grano e il nero della pietra lavica. Ci sono la semplicità e la gioia. Ci sono la ceramica di Caltagirone, pizzi, passamanerie, rafie, piccoli specchi, nappe e nacchere. C’è il suono delle dita degli artigiani, silenti esecutori di queste opere d’arte. C’è qualcosa di “caro” da tramandare di generazione in generazione, di madre in figlia.

photo © uffici stampa

Margherita Tizzi

Giornalista, scrive su Vogue Italia, Amica e Grazia. È co-founder di Eccetera, studio specializzato nella creazione di progetti editoriali su misura, online e offline. E, dal 2013, su questo webzine racconta storie di luoghi, di fatto a mano e made in Italy, di cultura, arte e lifestyle.

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