Spotlight, dal Pulitzer all’Oscar

Sono nata con il giornalismo nell’anima. Il giornalismo come stile di vita, passione, verità, curiosità, rigore, giustizia, perseveranza. Un tipo di giornalismo che ho toccato con mano solo durante la mia esperienza al Corriere di Livorno. Solo, perché oggi, purtroppo, devo ricredermi. Il giornalismo, soprattutto quello dei grandi editori, è diventato “servizievole” e più politico che mai, qualunque argomento si tratti.

Allora mi commuovo alla vista di Spotlight, il film di Tom McCarthy con Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams, Liev Schreiber, John Slattery e Brian d’Arcy James, che ha appena vinto l’Oscar come miglior film.

Il caso Spotlight, infatti, racconta la storia del team di giornalisti investigativi (il team Spotlight) del Boston Globe che nel 2002, con più di 600 articoli, sconvolse la città con le rivelazioni sulla copertura sistematica da parte della chiesa cattolica degli abusi sessuali commessi su minori da oltre 70 sacerdoti locali. Alla fine furono 249 i sacerdoti pubblicamente accusati di abusi sessuali all’interno della diocesi di Boston (fonte www.bishop-accountability.org, database compilato da Terry McKiernan), così nel dicembre 2002 il cardinale Law dette le dimissioni ma, in modo scioccante e incomprensibile, fu riassegnato alla Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, di cui è ancora arciprete.

Nel 2008 si scoprì che le vittime degli abusi del clero nella zona di Boston erano 1.476; in tutti gli Stati Uniti 6.427 sacerdoti sono stati accusati di avere abusato sessualmente di 17.259 vittime. Negli anni dell’inchiesta del team Spotlight, premiata poi col Premio Pulitzer, sono stati documentati e denunciati casi di abusi sessuali commessi da sacerdoti della chiesa cattolica in 105 città americane e 102 diocesi in tutto il mondo (fonte www.bishop-accountability.org, database compilato da Terry McKiernan).

Presentato da Open Road Films, Il caso Spotlight è avvincente ed emozionante. E’ un film in grado di ispirare un cambiamento nel mondo reale – lo stiamo vedendo in questi giorni con le dichiarazioni del cardinale australiano George Pell – e fa riflettere sulla figura del giornalista e su quello che dovrebbe essere. 

Il team Spotlight

Il capo del gruppo investigativo del Globe, Walter Robby Robinson, è interpretato nel film da Michael Keaton. Con lui lavorava il giornalista di punta Mike Rezendes (Mark Ruffalo), che si concentrò sugli aspetti legali dell’indagine, e la giornalista Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams), che si occupò di intervistare le vittime degli abusi del clero. Liev Schreiber, invece, veste i panni di quel neo-direttore Marty Baron che spinse i suoi a lavorare sull’inchiesta.

L’ex vicedirettore del quotidiano Ben Bradlee Jr. ha subito simpatizzato con l’attore che lo rappresenta sullo schermo. “Quando ho saputo che per il mio ruolo era stato scritturato John Slattery, mi è subito tornata in mente quella simpatica canaglia di Roger Sterling in Mad Men. Mi piacciono le canaglie. E mi piace John. Abbiamo passato parecchio tempo insieme per preparare il film”. A completare il team Spotlight c’era il giornalista specializzato in ricerche informatiche Matt Carroll, interpretato da Brian d’Arcy James, che raccolse tutti i dati sui sacerdoti e sui casi di abusi dei 30 anni precedenti.

L’eredità del team Spotlight

Il caso Spotlight potrebbe essere visto come una specie di proseguimento di Tutti gli uomini del presidente (1976), il film sull’inchiesta di Woodward e Bernstein sul Watergate che portò Jason Robards a vincere un Oscar per la sua interpretazione del direttore del Washington Post Ben Bradlee, il padre del Ben Bradlee Jr. di Spotlight. Quel film ha anche incoraggiato una nuova generazione di giornalisti a indagare su istituzioni una volta considerate intoccabili.

Oggi Il caso Spotlight rende onore alle virtù del giornalismo investigativo in un periodo in cui molti temono che questo tipo di giornalismo “in forma lunga” sia stato definitivamente soppiantato dalle notizie a ciclo continuo, dal gossip e dal sensazionalismo di Internet. Rende omaggio a tutti quei bravi giornalisti che, per portare a casa la pagnotta, non riescono più a dare il meglio di se stessi, tradendo se stessi.

Ecco le foto del cast con i veri giornalisti del team Spotlight:

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foto ufficio stampa

Margherita Tizzi

Giornalista, scrive su Vogue Italia, Amica e Grazia. È co-founder di Eccetera, studio specializzato nella creazione di progetti editoriali su misura, online e offline. E, dal 2013, su questo webzine racconta storie di luoghi, di fatto a mano e made in Italy, di cultura, arte e lifestyle.

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