State pensando a dove trascorrere un weekend d’autunno? In questo periodo di vendemmia merita di essere visitata la Valpolicella, appena fuori Verona, una terra ricca di bellezze forse poco famose, ma uniche nel suo genere e per questo molto speciali. Partiamo, allora, per questo viaggio, all’insegna di verdi e collinosi paesaggi e della calda ospitalità dell’Amarone, un vino che racconta grandi storie…
Un’antica cantina
La prima tappa del tour è alla Cantina Valpolicella Negrar, nata il 23 agosto 1933 grazie all’opera di sei proprietari terrieri che, volendo tutelare la qualità del vino della Valpolicella in un periodo di grande incertezza politica ed economica, decisero di fondare una cooperativa per produrre vino da uve autoctone. Oggi la cooperativa conta 230 soci e 770 ettari di vigneti, con una produzione di oltre 7 milioni di bottiglie l’anno e un fatturato di oltre 32 milioni di euro nel 2015, di cui il 75% estero. La cantina, nominata miglior cooperativa vitivinicola italiana del 2016 dalla rivista enologica tedesca Weinwirtschaft, produce vini tipici del territorio: Valpolicella classico (45% dell’intera Valpolicella DOC), Amarone, Ripasso, Recioto, oltre ad altri vini di zone veronesi DOC (Lugana, Bardolino, Custoza e Soave).
Nel 1989 Cantina Valpolicella Negrar ha iniziato un articolato Progetto Qualità, attraverso l’individuazione di alcune aree particolarmente fertili a ottenere uve di straordinaria qualità. L’accurata selezione ha portato alla nascita di importanti cru e di una linea dedicata a marchio Domìni Veneti, che rappresenta il top della produzione. La cantina, inoltre, ha coniato per prima il termine Amarone (1 milione di bottiglie all’anno), il rosso simbolo della Valpolicella. “Questo non è un Amaro, ma un Amarone!”, esclamò Gaetano Dall’Ora, presidente della Cantina nel 1936, dopo aver assaggiato un vino Recioto accidentalmente lasciato fermentare a lungo e ancora oggi conservato con l’etichettata “Amarone Extra”; un aneddoto, questo, che ha segnato la fortuna di uno dei vini più preziosi della valle. Vini che dovrebbero sempre essere sinuosi e combattivi come Ulisse, rappresentato dall’artista veneta Raffaella Robustelli all’ingresso della cantina e parte della sua collezione permanente, visitabile, come il museo dell’appassimento, il caveau delle bottiglie storiche e la bottaia (ospita botti da 50 hl, ma in passato se ne usavano anche da 120), su prenotazione (via Ca’ Salgari 2, Negrar, Verona).
Il progetto Espressioni Domìni Veneti
Espressioni è il frutto del lavoro di ricerca di oltre 10 anni della Cantina Valpolicella Negrar, condotto in collaborazione con l’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano Veneto e il Centro Vitivinicolo della provincia di Verona, per capire quale sia il contributo specifico di ogni singolo vigneto della Valpolicella Classica nella produzione di Amarone. Le rocce del sottosuolo di queste vallate, infatti, sono molto diverse fra loro e ciascuna conferisce sfumature diverse e uniche alle varianti del noto vino. In particolare, le uve vengono prese dal punto più alto di ogni vallata, dove il terreno ha maggior carattere, nei vigneti di Villa (Negrar), Castelrotto (San Pietro in Cariano) San Rocco (Marano di Valpolicella), Mazzurega (Fumane) e Monte (Sant’Ambrogio di Valpolicella). Il risultato sono 5 cru che individuano i talenti specifici di ciascuna vallata a parità di uvaggio (Corvina 70%, Corvinone 15% e Rondinella 15%), periodo e tecnica di appassimento, vinificazione e affinamento. Il nome del progetto? Il vino è l’espressione più naturale del territorio. “Così vogliamo costruire e comunicare la cultura del vino”, osserva Daniele Accordini, enologo e direttore della Cantina cooperativa. La produzione di sole 2000 bottiglie l’anno dei cru individuati, infatti, vuole essere più simbolica e culturale che di business, con l’ambizione di etichettare ogni vino con i riferimenti del singolo viticoltore/produttore, mantenendo quindi alto il valore del vigneto.
La vendemmia in Valpolicella
La vendemmia in Valpolicella avviene tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, attraverso la selezione manuale dei grappoli se si parla di Amarone. Segue l’appassimento in fruttaio fino a gennaio e poi una pigiatura soffice a rulli. Il vino viene poi fermentato a bassa temperatura (tra 12 e 23°) per un mese, dopodiché si affina in acciaio e legno di Rovere per 1-5 anni. Infine, l’imbottigliamento e affinamento per 2-4 mesi.
Particolarmente interessante da apprendere è il processo di appassimento delle uve dopo la raccolta, tipico della Valpolicella e noto sin dalla diffusione della viticoltura nella zona in epoca romana. Un metodo naturale in cui al fenomeno di disidratazione dell’acino si aggiunge l’effetto della surmaturazione, che esalta l’aroma delle uve. Quelle destinate alla produzione di Amarone o Recioto, come accennato, vengono raccolte e selezionate a mano, per poi essere messe a riposo in 30 grandi locali ventilati, o fruttai, per circa 100 giorni. Il processo si chiama appassimento integrato, avviene all’interno o all’esterno a seconda dei livelli di umidità ed è attuato con diversi metodi: l’ippocausto (a terra) o la pergola domestica (in cui i grappoli vengono appesi al contrario per consentire il migliore passaggio dell’aria).
Secondo le analisi prevendemmiali sulle uve, la vendemmia 2016 sarà una delle migliori che si siano mai viste.
Come si degusta un vino
In cantina è, ovviamente, possibile degustare i vini locali, una vera e propria esperienza sensoriale, che coinvolge vista, olfatto e gusto. La vista serve per valutare la trasparenza, il colore e l’effervescenza del vino. A questo punto fate ruotare un po’ il calice per avvinarne le pareti: si formerà un anello di liquido da cui scenderanno delle gocce lungo il vetro del calice, degli archetti più visibili con i vini più alcolici. Il nettare di Bacco va poi annusato, avvicinando il bicchiere al naso, inspirando lentamente e a occhi chiusi e scrivendo su un foglio tutte le sensazioni che quell’odore risveglia, in genere associati a odori naturali già noti, come i fiori, i frutti, le erbe. Ruotando di nuovo il bicchiere si sprigionano tutte le sostanze odorose che possono ricordare, ad esempio, la frutta fresca o secca o addirittura il cuoio, il gesso o il legno. Si finisce assaggiando: sorseggiate una piccola quantità alla volta, trattenendola in bocca qualche secondo per cogliere tutte le sensazioni gustative e cercando di notare il sapore iniziale, intermedio e finale. Inoltre è bene tenere a mente che i vini di qualità hanno un buon equilibrio tra acidità, tasso alcolico e tannicità (la ruvidità del vino, quanto asciuga la bocca).
Cosa abbinare alle degustazioni
Saper abbinare il vino è importante per esaltare i cibi e i sapori. Ecco cinque regole di base:
- mai accostare un vino bianco liquoroso a carni rosse e selvaggina;
- mai accostare un vino rosso a crostacei e molluschi;
- i vini bianchi vanno serviti prima dei rossi, ad eccezione dei bianchi da dessert;
- è consigliabile abbinare a un piatto tipico regionale o locale un vino della stessa zona, per affinità di profumi e sapori;
- il corpo del vino deve essere proporzionale alla struttura della pietanza: a piatti elaborati vanno abbinati vini robusti e complessi, mentre per piatti leggeri e delicati l’accostamento ideale è con vini giovani e leggeri.
L’Amarone della Valpolicella è più un vino da meditazione che da pasto, data la gradazione alta (tra i 16 e i 17,5 gradi); è quindi pensato per essere sorseggiato con moderazione, ad esempio mentre si chiacchiera con gli amici. In alternativa: l’Amarone della Valpolicella DOC classico Castelrotto – L’Evoluto, dal colore rosso denso e compatto e il profumo complesso e femminile, è ideale con piatti di carne; l’Amarone della Valpolicella DOC classico Villa – L’Austero, dal profumo deciso con una nota di ciliegia sotto spirito, austero e coinvolgente, è ottimo per chiacchierare a fine pasto. Ancora: adatto sia con carni e formaggi saporiti sia per una degustazione lenta, l’Amarone della Valpolicella DOC classico San Rocco – Lo Speziato ha un carattere deciso, mentre strutturato e morbido, dal profumo intenso con note di confettura, è l’Amarone della Valpolicella DOC classico Monte – il Suadente, abbinamento perfetto ai formaggi stagionati dal gusto forte e persistente. Infine, l’Amarone della Valpolicella DOC classico Mazzurega – Il Complesso esalta i piatti di selvaggina; un vino da conservare per le occasioni importanti.
Dove assaggiare l’Amarone e mangiare in Valpolicella
Dopo aver visitato la Cantina Valpolicella Negrar, fermatevi alla Trattoria dalla Rosa Alda, una locanda storica del villaggio di San Giorgio di Valpolicella che offre anche camere d’albergo (strada Garibaldi, 4). Da provare la tradizionale “pasta e fasoi”, il brasato all’Amarone e il gelato con le marasche, visto che la Valpolicella è famosa per la coltivazione delle ciliegie. All’Enoteca della Valpolicella (via Osan, 45 – 37022 Fumane), bellissimo ristorante immerso nel verde, fatevi consigliare tra gli oltre 800 piatti e vini; in ogni caso non perdetevi la crema di pomodoro con stracciatella (antipasto), i ravioli ripieni al buonenrico (la pasta fresca è sublime) e il petto d’anatra con salsa di mele e Recioto.
L’Osteria Domini Veneti (strada Villa 18, 37010 Cavaion Veronese), invece, serve i migliori vini Domìni Veneti di Cantina Valpolicella Negrar, oltre a un menù di lago. Per cominciare, una selezione di sarde in saor, luccio servito con la polenta di Storo e tartara di lavarello; i bigoli con sarde di lago come primo e spuma soffice di ricotta, arancia candita e gelato al pistacchio per chiudere in bellezza. Al Vigneto dei Salumi Walter Ceradini inventò per caso il “vinappeso”, per non buttare un salume, tipo culatello, che aveva lasciato troppo a lungo in cantina. Provò ad ammorbidirlo con uno straccio imbevuto di Amarone e scoprì che la carne non solo tornava in sé, ma acquisiva anche il piacevole profumo e sapore del vino. Oggi il Vigneto dei Salumi produce cinque tipi di salumi dai nomi ironici e molto azzeccati: Vinappeso, Speckwine, Vinappeso di noce, Salame Valpolicella e Cotevino (via Casa Zamboni 3, Arbizzano di Negrar).
Per una degustazione con vini, salumi e formaggi della Valpolicella (a 15 euro), andate alla produzione e rivendita di formaggi e salumi Corrado Benedetti (Croce dello Schioppo 1, 37020 Sant’Anna d’Alfaedo). Infine, se avete voglia di fare una bella grigliata, il Bosco Allegro è l’area verde adiacente, completamente attrezzata per trascorrere una giornata all’aperto: si acquista la carne, la carbonella e tutto l’occorrente al negozio e si può grigliare dalle 8 alle 19, con estensione fino a mezzanotte nel weekend.
Cosa vedere in zona, al di là del vino
Dopo aver mangiato e bevuto in abbondanza, scorte comprese, da visitare la Pieve di San Giorgio di Valpolicella, frazione del comune di Sant’Ambrogio e parte dei borghi più belli d’Italia, una stupenda pieve longobardo-romanica risalente al 712 d.C., presumibilmente sorta sulle rovine di un preesistente tempio pagano. La chiesa, probabilmente la più bella delle tre della Valpolicella – le altre due sono a Negrar e San Floriano, aveva funzione di coordinamento della zona, abitata in modo continuativo fin dal VI secolo a.C. grazie alla conformazione della collina, che consentiva il controllo, l’accesso all’acqua e l’esposizione al sole per l’agricoltura.
Oltre alla pieve, tutto il borgo medievale di San Giorgio ha un grande fascino. Qui ogni anno si celebra la festa delle fave. Esaltate anticamente come cibo dei poveri, perché nutrienti e facili da coltivare, secondo una tradizione risalente al ‘400 erano considerate anche un cibo rituale da consumarsi in onore dei defunti. Data la difficoltà di digestione, infatti, disturbando il sonno e provocando incubi, la fava rappresentava il tramite tra il mondo della luce e quello delle tenebre. A San Giorgio, la seconda domenica di novembre di ogni anno, un grande paiolo viene issato in piazza sopra un grande masso di marmo, chiamato piera de la faè, per la distribuzione dell’antica minestra agli abitanti del paese, per un totale di 5/7 quintali di minestrone.
Se avete ancora del tempo, passate per il Museo paleontologico e preistorico di Sant’Anna d’Alfaedo, dove, tra i reperti fossili, c’è uno squalo di 5,50 metri, il più lungo d’Europa e secondo al mondo, e un raro esemplare di Mosasauro, una specie di rettile marino ormai estinto. Infine, il romantico Ponte di Veja, ponte roccioso tra i più grandi d’Europa, formatosi grazie alla caduta della parte interna di una grande grotta carsica e presente anche in un dipinto del Mantegna. Alto 50 metri, spesso 10 e largo 17, è un vero spettacolo della natura.
Dove dormire
Per poter visitare le cantine, le enoteche e tutti i punti di interesse della zona, consigliamo di soggiornare a Villa Moron a Negrar, un bel 3 stelle a solo 15 chilometri da Verona.
foto Irene Dominioni