La Natività di Piero della Francesca nel presepe di Sansepolcro

La Madonna della Misericordia di Piero della Francesca sta riscuotendo un grande successo a Milano. La consueta mostra natalizia di Palazzo Marino, infatti, la vede protagonista. Nel frattempo a Sansepolcro, borgo natio del pittore, uno splendido presepe, allestito nella chiesa di Santa Marta dalla Società Rionale Porta Romana, è dedicato alla Natività di Londra.

Una nascita di Gesù particolare, dunque, rappresentata nel momento in cui l’artista dipinge la tavola (1470-75) all’interno di una dimora rinascimentale, dalle cui finestre centinate si intravede Borgo San Sepolcro, con i suoi tetti, i suoi campanili, le sue colline. Accanto a lui il concittadino Luca Pacioli. Degni di nota gli abiti, i soffitti, gli stemmi, le statue, i camini, i libri, i lampadari, gli strumenti scientifici. Ancora: i ragazzi della bottega di Piero che mescolano i colori e che preparano i cartoni e gli spolveri per gli affreschi (le foto in fondo all’articolo).

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Storia di un capolavoro (forse) incompleto

Per l’occasione, ecco un regalo per gli appassionati di storia dell’arte: parte del terzo capitolo del mio libro, Piero e Sansepolcro: il caso della Natività, dedicato al “pellegrinaggio” del capolavoro di Londra (olio su tela, 1,245×1,23 m – la misura dell’altezza è media in quanto la tavola non è perfettamente rettangolare).

“… Un documento del 30 gennaio 1500 elenca i beni di Francesco, uno dei nipoti di Piero, figlio del fratello Marco. Esso ci informa sul fatto che, gran parte dei beni dello zio, come lui aveva voluto, erano passati ai nipoti e la camera, che era stata del maestro, era ormai ridotta a un magazzino di mobili, biancheria e cereali. Nel 1482 Francesco aveva sposato Madonna Landomia, figlia di Gasparre di Ser Giovanni dei Paoli di Montevarchi. Nella loro camera, insieme a un lettuccio e a due cassepanche intarsiate, era appesa “una tabula cum nativitate domini nostri manu magistri Petri”, la Natività di Londra. Ciò sta a significare che probabilmente Piero dipinse il quadro come regalo di nozze: Francesco era il nipote maggiore e il primo a sposarsi e a continuare la stirpe familiare. L’opera rientrerebbe quindi nella tradizione dei grandi quadri domestici, diffusasi in Toscana a partire dal 1470 circa.

La Natività non recava la qualifica di “non finito”, perciò bisogna dedurre che fosse quasi terminato al momento dell’abbandono e la provenienza diretta dallo studio del pittore è così accettabile. Fra i beni lasciati in eredità dai discendenti di Piero, infatti, sono nominate più opere incompiute, tutte di soggetto religioso, cosa che fa pensare a un’improvvisa malattia del maestro con connessa cecità. Pochi anni dopo, nel 1515, la Natività, che riceve un’alta valutazione (80 denari d’oro), viene contesa tra Battista e Marco di Francesco da una parte e Sebastiano di Marco (loro zio) dall’altra, divenuto erede di Francesco (morto nel 1492) e venuto in possesso della tavola insieme ad altri due quadri, a libri e disegni di Piero. La Natività è indicata questa volta come “presepio”, titolo che si conservò fino alla vendita ottocentesca.

Il Bertelli sostiene che, in base alle tracce di danneggiamenti dovuti ad una candela, la tavola era stata posta su un altare, precisamente su quello dell’ultima campata della navata destra del duomo di Sansepolcro, dove si conserva tuttora una Adorazione dei pastori di Durante Alberti, ricca di particolari che rimandano all’opera di Piero, come l’asino che raglia, il pastore che indica il cielo e la veduta della città. Quindi l’opera dell’Alberti, del 1585, potrebbe aver sostituito la Natività, forse ritirata dai Franceschi. Nel 1698 l’ultimo dei discendenti, Giambattista Franceschi (che nel 1710 donò il Palazzo dei Franceschi, nell’odierna via Dante Chiasserini, perché vi si erigesse il seminario, palazzo che, se risultasse della stessa famiglia anche nel Quattrocento, potrebbe coincidere con la casa natale di Piero), lo avrebbe regalato alla sorella Margherita, che, dalla storia dei Franceschi Marini, non risulta la moglie di Ranieri Benedetto Marini (suo figlio e canonico della cattedrale di Sansepolcro), come riporta il Battisti, ma di Alessandro di Benedetto Marini. Dall’unione nacque anche Pier Girolamo, che sposò Caterina di Francesco Gherardi Dragomanni. Ranieri ereditò dalla madre il patrimonio, nome e arme dei Franceschi e lo trasmise ai nipoti Alessandro e Giovanbattista. Il documento che attesta il passaggio tra Giambattista e Margherita, dell’Archivio di Stato di Firenze, Rogiti di Ottavio Pippi, è tuttora introvabile.

Nel 1825 risulta ancora appartenente ai Franceschi Marini. Il 22 luglio 1826 Giuseppe Franceschi Marini ringrazia, in una lettera, il direttore degli Uffizi, Antonio Monaldi, perché aveva permesso di poter depositare, in quel museo, un presunto autoritratto e la Natività di Piero della Francesca, “che sebbene maltrattati dal tempo e dalla poca diligenza dei miei antenati, conservano però tuttora il sommo loro pregio e valore, e più anche ne riscuotono per trovarsi nel posto ovo sono e segnatamente nelle di Lei mani. Son persuaso che in molti incontri saranno visibili al giudizio di valenti artisti e antiquari, che di continuo portano in codesta Galleria, e che ne saranno convenuti tanto sull’autenticità che sul pregio”.

La prima citazione moderna del dipinto è di Francesco Gherardi Dragomanni, nel commento alla Vita vasariana di Piero della Francesca del 1835: “Presso il nobile sig. Giuseppe Franceschi Marini erede del nome del nostro Pietro, si conserva il suo ritratto dipinto da giovine, un Presepio e due altri quadretti in tavola, dai conoscitori giudicati di sua mano”. Ma il Gherardi Dragomanni non indica dove si trovasse la tavola. Il quadro risulta in vendita a Firenze nel 1836, nel 1848, nel 1858, nel 1861. Il suo depositario era il cavalier Frescobaldi, imparentato con i Marini dopo il matrimonio del 1835 tra Giuseppe Franceschi Marini e Caterina di Matteo Frescobaldi. Forse a causa delle sue mediocri condizioni, o per non essere finito, la tavola stentò a trovare acquirenti.

Un’ultima notizia italiana sulla Natività arriva alla fine dell’Ottocento quando Piero Franceschi Marini sposò una studiosa e scrittrice inglese, ben nota con lo pseudonimo di Evelyn. Lei, una vera nobildonna, coltissima, non solo fece conoscere al mondo l’Alta Valle del Tevere, scrivendo opere molto apprezzate su Piero della Francesca, ma nel Palazzo delle Laudi (oggi sede del comune), a Sansepolcro, dette vita anche a un salotto letterario molto famoso. Nel 1912 scrisse che la Natività “stava appesa nella cappella di casa”, ma questa notizia di certo, vista la vendita londinese, si riferisce a prima del 1826.

Infatti, mentre l’Italia diventava una nazione unita, perdeva l’ennesimo capolavoro della sua arte. Nel 1861 la Natività fu acquistata da Alexander Barker e alla vendita della collezione di questi passò, il 6 giugno del 1874, alla National Gallery di Londra, a quanto pare per diretto intervento del Ministro Disraeli. Pochi giorni dopo, il 18 giugno dello stesso anno, il Layard scrisse al Morelli, lamentando di non aver potuto comprare per sé il dipinto, dato che aveva ormai raggiunto un’altissima quotazione (il Mireur parla di 60.360 franchi)… ”.

Il prossimo anno, in occasione del Santo Natale 2017, analizzeremo nel dettaglio il quadro.

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Margherita Tizzi

Giornalista, scrive su Vogue Italia, Amica e Grazia. È co-founder di Eccetera, studio specializzato nella creazione di progetti editoriali su misura, online e offline. E, dal 2013, su questo webzine racconta storie di luoghi, di fatto a mano e made in Italy, di cultura, arte e lifestyle.

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