Li vediamo riprodotti e utilizzati ossessivamente, per le pubblicità, i souvenir, le t-shirt, i poster e le copertine dei quaderni: sono i dipinti diventati icona e un po’ oltraggiati dalla logica del marketing. Dalla Gioconda di Leonardo a Guernica di Picasso, passando per la Creazione di Adamo di Michelangelo e la Notte stellata di Van Gogh: sappiamo riconoscere queste opere a colpo d’occhio, ma le conosciamo sul serio?
È questo il messaggio che sta dietro al libro Cinquanta quadri. I dipinti che tutti conoscono. Davvero? (Edizioni Clichy) di Lauretta Colonnelli, giornalista del Corriere della Sera, già autrice di un saggio sulla storia dell’arte intitolato La tavola di Dio (2015). Si tratta di una rassegna dei quadri più riprodotti di sempre, alla scoperta delle curiosità che stanno dietro alle opere e degli aneddoti sulla vita degli artisti.
Quanti sanno, ad esempio, che il pittore Cézanne sosteneva di sentire i frutti conversare tra loro mentre li dipingeva? O che le Composizioni di Mondrian non sono altro che alberi dipinti a ritmo di jazz? E che la Gioconda ha perso le sopracciglia per colpa di un restauro nel ‘600? O ancora, che Edvard Munch appendeva i suoi quadri ai rami degli alberi perché, diceva, “hanno bisogno di sole, di sporco, di pioggia; i quadri vivono nella precarietà di ogni organismo vivente, nelle macchie e nelle rughe affiora la loro anima”? Ecco qualche anticipazione del libro.
La Madonna Sistina di Raffaello
Gli angioletti imbronciati sono stati resi celebri dalle t-shirt di Fiorucci, ma molti non sanno che fanno parte di un’opera più grande, una pala d’altare destinata alla chiesa di San Sisto a Piacenza. Raffaello li aggiunse alla fine, perché lo spazio inferiore della composizione era troppo vuoto. Sono loro a catturare l’attenzione dello spettatore in prima battuta, guidandolo, con gli occhi rivolti in alto, verso il resto dell’opera.
L’annunciata di Antonello da Messina
Per rappresentare i soggetti sacri, spesso e volentieri i pittori si servivano di modelli in carne e ossa, con un nome e una storia: ad esempio, la Madonna di Antonello da Messina, dipinta nel 1475, si chiamava suor Eustochia Calafatosi, scoperta da un team di esperti nel 2013, dopo 7 anni di lavoro.
Canestra di frutta di Caravaggio
Quella del Caravaggio è una delle prime nature morte rappresentate separatamente dalla figura umana, com’era in uso fino alla fine del 1500, quando l’artista la dipinse. I frutti raffigurati, fichi, mele, uva, con rami secchi e foglie, non sono freschissimi, ma sembrano vivi. Il riferimento è teologico, precisamente al Cantico dei Cantici, dove questi frutti vengono nominati e la luce, piena e “divina”, illumina la scena senza ombre, un inedito nello stile del maestro.
Ragazza con orecchino di perla di Jan Vermeer
Forse vi deluderà scoprire che gli orecchini più famosi della storia dell’arte non sono in verità di perla, ma di vetro. Era, infatti, un mercante francese a commerciarle al tempo di Jan Vermeer, perle artificiali composte di vetro, cera bianca e scaglie tritate di un pesce, il leucisco. E così quelle alle orecchie di Magriet (versione olandese di margarita, “perla” in latino, forse il nome della modella dipinta tra il 1665 e il 1667) sono in effetti “taroccate”.
Olympia di Edouard Manet
Fece scalpore quando venne esposta nel 1865 al Salon del Louvre, e la gente faceva la fila per andarla a vedere. Non perché la donna, nella realtà Victorine Meurent, fosse nuda, ma piuttosto per il fatto che era rappresentata in scala reale. La stessa modella compare anche in Colazione sull’erba e pare fosse la preferita di Manet.
Le due Frida di Frida Kahlo
Sono due sorelle italiane quelle cui Frida Kahlo si ispirò per quest’opera: Ernesta e Carlotta Grisi, entrambe sedotte per 30 anni, ma ignare l’una dell’altra, dallo scrittore Théophile Gautier. Anche Frida fu tradita da Diego Rivera con sua sorella Cristina.
Nighthawks di Edward Hopper
Quando gli chiedevano dove fosse il bar del dipinto, Hopper rispondeva “A New York, a Greenwich Avenue, dove due strade s’incontrano”, ma nessuno lo trovò mai. Un aneddoto curioso dietro all’opera-icona dell’artista americano che ispirò molti registi tra cui Alfred Hitchcock, Robert Altman, David Lynch e Wim Wenders.