Dalla conferenza sulle città sostenibili ad Aalborg, in Danimarca, nel 1994, fino alla Carta di Lipsia del 2007. Da anni, in Europa, si dibatte sull’impatto ambientale dei centri urbani in espansione e sulla necessità di sviluppare politiche green. Le città europee, infatti, ospitano circa il 70% della popolazione del vecchio continente, utilizzando l’80% delle risorse energetiche. E’ vero, producono l’85% del PIL, ma sono anche i luoghi dove la disoccupazione, la segregazione, la povertà e l’inquinamento sono più accentuati. Per questo la pianificazione urbana deve tenere in considerazione tutti questi fattori, affinché la città sia a misura di famiglia, con trasporto pubblico efficiente, mobilità ciclopedonale sostenibile e infrastrutture verdi. Ecco, allora, quali sono gli eco-quartieri europei cui ispirarsi.
Cosa sono gli eco-quartieri
Gli eco-quartieri si sono sviluppati a partire dagli anni Novanta. Ne esistono tre tipologie: i quartieri storici, dove gli interventi mirano a sviluppare soluzioni tecno-sociali compatibili con la geografia dell’area; zone rigenerate energicamente o strutturalmente, oppure aree nuove rivolte a élite responsabili o a collettivi di co-housing.
Come si costruisce un eco-quartiere
Secondo la Carta di Lipsia delle Città Europee Sostenibili, un eco-quartiere è tale quando:
- azzera il consumo di nuovi suoli per usi urbani
- riduce al minimo i consumi di energia
- raccoglie e ricicla materiali e rifiuti
- controlla e organizza l’uso dell’acqua
- fornisce servizi e spazi di incontro favorendo inclusione sociale
- si interfaccia e si connette con altri quartieri
- ridefinisce lo spazio pubblico per dare priorità agli spostamenti pedonali e ciclabili
- riduce le emissioni inquinanti da traffico.
Secondo il progetto Ecoquartieri per l’Italia, sviluppato da Legambiente, Audis e GBC Italia, per conseguire tutti questi obiettivi occorre agire su porzioni di città in modo da diffondere la rigenerazione in modo graduale a tutto il territorio cittadino.
I quartieri più eco-sostenibili d’Europa
Per fortuna, i quartieri ecologici europei sono già numerosi:
- Solarcity a Linz, che nella progettazione e costruzione ha visto protagonista un’associazione di cooperative edilizie senza scopo di lucro, la cui missione comune è la fornitura di alloggi a prezzi accessibili;
- Vauban e Rieselfeld a Friburgo, un laboratorio internazionale che promuove la partecipazione e l’integrazione;
- Kronsberg ad Hannover, che presenta un ingegnoso sistema di raccolta dell’acqua piovana, riutilizzata per gli scarichi igienici delle scuole e delle abitazioni private;
- GWL Terrein ad Amsterdam, quartiere totalmente car-free;
- BedZed a Londra, un’ex area industriale ricostruita con materiali di recupero.
Per il futuro le sfide non mancano. Il Nordic Built Cities, progetto promosso da Nordic Innovation, istituzione della partnership fra i Paesi scandinavi, ha lanciato una gara per riqualificare alcune aree nel Nord Europa. Il 16 giugno verranno annunciati i 6 vincitori locali dei progetti, battendo 148 proposte e 23 finalisti. Ecco alcune fra le idee più interessanti:
- Transport Hub a Trygve Lies Plass, Oslo, Norvegia: una piazza di 5200 m2 che verrà riqualificata all’insegna della mobilità green, indirizzando i problemi socioculturali di questo quartiere periferico.
- Kera, Espoo, Finlandia: la sfida è trasformare un’area industriale in quartiere residenziale sostenibile e smart.
- Sege Park, Malmö, Svezia: originariamente un istituto psichiatrico di 250.000 m2, il progetto punta a ridurre lo spazio costruito del 20% senza impattare il benessere dei suoi abitanti e a diminuire le emissioni di CO2 di 2 tonnellate per abitante entro il 2025.
- Karsnes Harbour, Kopavogur, Islanda: la sfida è costruire un collegamento fra questa ex area portuale, situata su una penisola, e la capitale Reykjavik.
- Hans Tavsens Park e Korsgade, Copenaghen, Danimarca: era un cimitero per i malati di peste, ora un parco e una via con diversi edifici storici del ‘900. L’area di 85.000 m2 va riqualificata per prevenire la criminalità e ridurre le difficoltà di integrazione.
- Runavik, isole Faröe: un terreno scosceso e selvaggio dove costruire case sostenibili per famiglie, che si adattino al paesaggio e consentano attività agricole limitando l’impatto ambientale.
E in Italia?
Anche nel Bel Paese sono iniziati gli interventi di rigenerazione ambientale su scala di quartiere: Casanova a Bolzano (edilizia pubblica), progetto She a Pesaro (in cooperativa), Le Albere di Trento, Quattro Passi a Villorba e i nuovi interventi in via di attuazione come San Salvario a Torino, Monterotondo a Roma e San Rocco a Faenza. Progetti certamente degni di lode, anche se l’accessibilità in termini economici non è scontata: le Albere a Trento, ad esempio, progettato nel 2013 dall’architetto Renzo Piano, ha venduto solo 30 appartamenti e ne ha affittati 60 dei 304 costruiti (dato del 2014). Con oltre 2 mila posti auto interrati, 5 ettari di parco, 18 mila metri quadrati di uffici, 9 mila di negozi, 28 mila di viali, piazze, canali d’acqua e due poli culturali, il quartiere sorto al posto della fabbrica Michelin ancora oggi rimane in gran parte deserto, a causa dei prezzi, troppo alti, delle abitazioni. Un segno che l’aspetto economico della sostenibilità deve essere posto in primo piano in qualsiasi progettazione se si vuole “costruire” un eco-quartiere in 100 città nei prossimi dieci anni, come auspicato da Legambiente.
Il contributo di Nike
Un ultimo plauso va a Nike, che ha appena inaugurato un nuovo centro di logistica in Belgio. Con 3.000 dipendenti, un volume di spedizioni di oltre un miliardo di articoli fra calzature, abbigliamento e accessori, l’edificio è stato pensato in termini di sostenibilità dalla progettazione alla costruzione: sei turbine eoliche producono elettricità per 5.000 famiglie, il 95% dei rifiuti prodotti è riciclato, il 99% dei container arrivano via acqua, risparmiando 14.000 tragitti su strada all’anno, e ci sono pannelli solari per un’estensione di tre campi da calcio. Senza dimenticare le pecore e gli alveari che contribuiranno alla biodiversità.